Auto elettriche, una corsa cieca che mette a rischio l’occupazione
Poteva sembrare una semplice previsione, pur basata su aspettative concrete, da oggi invece se ne può parlare con dati concreti alla mano e le conclusioni non sono certo confortanti. La corsa cieca verso la transizione ecologica fatta a colpi di bandiere ambientaliste sventolate a caso solo perché fa moda ed è di tendenza o, peggio ancora, per assecondare fini che appartengo soltanto a pure logiche di potere, rischia di creare gravi squilibri al sistema economico europeo, e italiano in particolare. Non si tratta soltanto di sostituzione di aziende e di competenze, di innovazione tecnologica e di nuovi modelli di mercato: qui in gioco ci sono centinaia di migliaia di posti di lavoro e, appunto, la stabilità del sistema economico. Proprio l’occupazione appare il primo e più immediato punto debole di questa rincorsa alla transizione verde e i dati freschi di aggregazione appena forniti da Federmeccanica solo lì a testimoniarlo senza alcuna possibilità di smentita.
LE STATISTICHE IMPIETOSE
La decisione dell’Unione Europea di mettere fine entro il 2025 alla vendita di auto con motori diesel e benzina, rischia di creare una perdita di mezzo milioni di posti di lavoro in tutta Europa, di cui 73 mila soltanto in Italia. Un grande buco che sarebbe solo parzialmente bilanciato dai 226 mila nuovi posti di lavoro che si dovrebbero creare per la produzione dei sistemi di propulsione dei veicoli elettrici. Tornando all’Italia, il fenomeno appare già drammaticamente in corso in diversi settori produttivi, ma certamente l’automotive costituisce l’avanguardia di una pericolosa tendenza in termini occupazionali. La produzione italiana di autoveicoli è passata dai 1,8 milioni prodotti del 1997 ai 700 mila del 2021 anche se tale settore, con tutto il suo indotto, costituisce ancora il 5,6% del pil nazionale, pari a 93 miliardi di euro, configurandosi come l’elemento centrale della metalmeccanica nazionale. Nel solo comparto della fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi operano oltre duemila imprese e 180 mila lavoratori e si realizza il 7% delle esportazioni metalmeccaniche nazionali per un valore di 31 miliardi di euro.
IL NODO AMBIENTALE
E’ evidente che all’intero settore industriale e non soltanto al comparto automobilistico è richiesto uno sforzo supplementare, un percorso di adeguamento verso una prospettiva green che però genera scossoni di forte entità. Da mesi i vertici di Confindustria e il management di molti grandi gruppi industriali lanciano un allarme che appare sempre più netto e condivisibile: senza interventi in grado di supportare le aziende nella transizione ecologica il sistema economico non sarà in grado di reggere l’urto di un processo che, se non attuato in maniera graduale, rischia di travolgere le imprese e creare nuovi buchi occupazionali. Avanti adagio, allora, con razionalità e cognizione senza abbandonarsi al sensazionalismo di traguardi green di cui il moltiplicarsi dei costi energetici rappresenta un altro fattore altamente destabilizzante.