C’è bisogno di fonti fossili, il rischio è rafforzare le autocrazie
Intervista a DAVIDE TABARELLI
Presidente NE-Nomisma Energia
Lei è stato da sempre critico verso gli obiettivi della Commissione Europea in merito la decarbonizzazione e l’abbandono dei fossili. Al netto della guerra in Ucraina, già a fine 2021 le bollette sono aumentate esponenzialmente, era prevedibile e come avremmo potuto evitarlo?
Un disastro del genere non era prevedibile, o meglio, potevamo metterlo in conto, ma la Russia è sempre stata un fornitore affidabile e anche adesso continua a consegnare regolarmente. Le bollette in realtà sono aumentate perché i mercati hanno efficacemente anticipato quello che poi è accaduto, avevano paura che potesse scoppiare una guerra, cosa che io fino all’ultimo consideravo quasi impossibile e dicevo che i mercati erano in preda a un’isteria collettiva. In realtà ci hanno preso e ora tutte le mattine prima di parlare guardo i prezzi. Le bollette sono esplose per un rischio che poi si è concretizzato e ora i prezzi sono stabili su quegli alti valori. Non avremmo potuto evitarlo, certo avremmo potuto fare di meglio con la produzione nazionale, sia di gas che di rinnovabili, ma la sostanza non sarebbe cambiata di molto.
Si parla in queste ultime settimane, dopo l’attacco russo all’Ucraina, di fermare l’arrivo del gas di Mosca: siamo davvero in grado di farlo? Non rischiamo semplicemente di passare da una dipendenza estera all’altra?
L’embargo totale lo possiamo fare, ma occorrerà, almeno nel prossimo inverno, procedere al razionamento dei consumi. La Russia ci dà 29 miliardi di metri cubi di gas all’anno e trovare queste quantità in giro per il mondo o nella nostra produzione è impossibile nel breve termine. Ci vogliono anni. Nel mondo di gas ce n’è tantissimo sotto terra, ma per fare le gigantesche strutture che ci portano il gas occorrono investimenti giganteschi e anni per realizzarle.
Non è un rischio il passaggio da una dipendenza all’altra, è una certezza, perché di fossili ne avremo sempre bisogno e, paradossalmente, andremo a rafforzare le autocrazie dei fossili.
L’Italia è evidentemente in ritardo sulla cosiddetta “sovranità energetica”, qual è la sua ricetta per questo ambizioso traguardo? Quanto e a chi costerà di più la transizione ecologica?
La mia ricetta è di considerare l’obiettivo non ambizioso, bensì quasi impossibile. Siamo il paese al mondo che più dipende da importazioni di energia dall’estero, almeno fra i grandi paesi industrializzati, assieme al Giappone. Certamente possiamo fare di più sviluppando le nostre risorse che sono un po’ il gas e tante rinnovabili. Ma le rinnovabili non possono fare tutto. Dopo 40 anni di incentivi e di politiche con un abbattimento straordinario dei costi, energia solare ed eolica contano per il 17% della domanda elettrica e per il 5% dei nostri consumi energetici. Si, perché, non c’è solo l’elettricità, c’è anche il riscaldamento, le fabbriche, i trasporti, tutti consumi che per il momento non funzionano ancora a elettricità.
La transizione ecologica ci costerà poco perché adesso conviene tantissimo produrre da fonti rinnovabili che hanno costi di 50-80 euro per megawattora, mentre il prezzo dell’elettricità in borsa è di 250 euro. Le rinnovabili dovrebbero far abbassare i prezzi e pertanto dovrebbero portare benefici non costi. Il problema è che hanno limiti fisici e che non possono sostituire i fossili.