Top
CRISI ENERGETICA E CARO BOLLETTE, È TEMPO DI DECISIONI STRATEGICHE - Terra dei Figli Blog
fade
4460
post-template-default,single,single-post,postid-4460,single-format-standard,eltd-core-1.2.1,flow child-child-ver-1.0.1,flow-ver-1.6.3,,eltd-smooth-page-transitions,ajax,eltd-blog-installed,page-template-blog-standard,eltd-header-type2,eltd-sticky-header-on-scroll-up,eltd-default-mobile-header,eltd-sticky-up-mobile-header,eltd-dropdown-default,eltd-header-style-on-scroll

CRISI ENERGETICA E CARO BOLLETTE, È TEMPO DI DECISIONI STRATEGICHE

CRISI ENERGETICA E CARO BOLLETTE, È TEMPO DI DECISIONI STRATEGICHE

L’europarlamentare Nicola Procaccini, intervistato in qualità di responsabile Ambiente e Energia di Fratelli d’Italia dal sito specializzato in tematiche energetiche www.staffettaonline.com, ha risposto a diverse interessanti domande sui temi legati alla crisi energetica e al caro bollette.   

Per contrastare il caro energia e il caro carburanti, il governo Draghi ha elaborato e più volte prorogato interventi taglia accise e taglia bollette, misure generalizzate che sono costate molti miliardi di euro. Davanti alla perdurante corsa dei prezzi il suo partito pensa si debba comunque continuare con questo genere di interventi? Se sì, perché? Nel caso, ricorrendo anche a uno scostamento di bilancio?

Una gestione seria e concreta dei costi delle bollette deve prevedere e l’applicazione di diverse misure e solo come estrema ratio creare ulteriori debiti per il Paese. È necessario stabilire subito un price cap europeo per il gas ma anche scindere il prezzo dell’energia elettrica dal prezzo del gas che, in questa fase, genera un processo inflattivo quasi incontrollabile e in parte ingiustificato. Inoltre, noi di Fratelli d’Italia abbiamo chiesto a livello europeo di non rinunciare alle quote gratis del sistema ETS, le certificazioni che le aziende sono costrette a pagare per emettere CO2 e che vanno ad incidere sui costi totali di produzione, spetta all’Europa decidere. Altre risorse per alleggerire le bollette possono essere trovate nel PNRR che, in presenza di una crisi energetica gravissima, va necessariamente modificato e aggiornato.

Il suo partito condivide la proposta del governo Draghi di imporre un tetto al prezzo del gas? Se sì, come pensate di articolarlo? In particolare ritenete debba essere nazionale o europeo? E dovrebbe agire come il limite al prezzo che si può formare in borsa, come tetto massimo ai prezzi finali o ancora come limite massimo al prezzo pagato ai fornitori esteri?

Per noi stabilire un tetto europeo al prezzo del gas è urgente. Una misura che se fosse limitata all’Italia rischierebbero di provocare gravi ripercussioni economiche senza ottenere benefici apprezzabili, considerato che, a differenza di Spagna e Portogallo per esempio, noi siamo rivenditori del gas che transita attraverso i nostri gasdotti in una rete di interconnessione con l’Europa. Ci ritroveremmo con la beffa di dover compensare con soldi pubblici la differenza tra il costo dell’energia acquistata e il costo dell’energia distribuita, in più saremmo costretti a vendere il gas che transita attraverso i nostri gasdotti a un prezzo troppo basso alle altre nazioni interconnesse con la nostra. Il price cap dovrebbe assumere la forma di un limite massimo al prezzo pagato ai fornitori di gas ma che, ad oggi, purtroppo è osteggiato dai governi socialisti e verdi nord europei, soprattutto tedesco e olandese che tutelano solo i loro interessi.   

Il suo partito è favorevole a una riforma del mercato elettrico, che svincoli il prezzo dell’energia rinnovabile da quello dell’energia prodotta dal gas? Se sì, che genere di soluzione proponete? (modello spagnolo, modello greco, altro).

Una delle misure per fermare questa escalation inflattiva è scindere il prezzo dell’energia elettrica dal prezzo del gas in un processo che coinvolga tutti i Paesi. Ma ancora una volta l’Europa, quando si tratta di questioni strategiche, dimostra tutta la sua inadeguatezza e divisioni tra i Paesi che la compongono.
La Spagna non può essere presa a riferimento, avendo deciso di adottare un proprio tetto al prezzo del gas, in virtù di un debito pubblico inferiore al nostro e avendo poche interconnessioni con l’Europa a livello di gasdotto.

Per calmierare i prezzi delle bollette, il governo Draghi ha imposto una tassa sugli extraprofitti delle aziende energetiche. Gli incassi, però, sono inferiori alle attese. Il suo partito intende rivedere il prelievo? Se sì, come?

Il meccanismo architettato dal governo non sta funzionando soprattutto perché non è lineare tanto da essere stato oggetto di ricorsi al Tar da parte di varie imprese e richieste di chiarimento all’Agenzia delle Entrate, come nel caso di Eni, per capire quanto pagare. Su questa misura vanno fatti approfondimenti ma deve essere chiaro che il tema energia non può essere considerato solo alla stregua di parametri economici ma come un fattore di sicurezza, determinante sull’indipendenza politica di un Paese. Il nostro approccio prevede che l’energia debba rientrare in una sorta di zona franca anche in relazione all’avvicendamento dei governi e alle appartenenze politiche e svincolata dalle speculazioni elettorali.

La transizione ecologica e la crisi energetica rendono necessaria la realizzazione di nuovi impianti, dalle rinnovabili ai rigassificatori, da autorizzare in tempi rapidi e certi. La lentezza e l’incertezza dei processi autorizzativi degli impianti sono considerate un punto critico. La soluzione è limitare il coinvolgimento di enti locali, territori e autorità paesaggistiche, se necessario con forme di commissariamento, o la strada è un’altra?

La priorità deve essere stabilire una precisa direzione strategica da adottare in termini di politica energetica, all’interno della quale vanno poi decise le misure per cogliere gli obiettivi stabiliti, che però non possono dipendere da ostacoli burocratici ingiustificati o da politiche del “no” a prescindere. In questa fase di emergenza è necessario investire in rinnovabili e valutare la possibilità di allentare vincoli e passaggi burocratici. Allo stesso modo va immediatamente aumentata la nostra produzione del gas naturale, anche solo riattivando giacimenti esistenti ma oggi inattivi o che viaggiano a velocità ridotta. Misura che, insieme alla diversificazione massima dei Paesi da cui importiamo energia, ci deve portare a da una maggiore autonomia energetica.

La transizione ecologia comporterà anche rilevanti conseguenze occupazionali, legate alla riconversione dei settori tradizionali. Il suo partito ritiene necessario accompagnare il processo con interventi di policy, e in caso quali?

Ci sono conseguenze importanti sul piano occupazionale determinate dalla transizione ecologica. Spesso sono il risultato di provvedimenti che, a livello europeo, hanno inseguito un estremismo ideologico ambientalista che ha impedito, all’Europa come all’Italia, di impostare una politica energetica fatta di attenzione alle esigenze reali di cittadini e imprese. Sarebbe bastato un minimo di buon senso per constatare una deriva incombente, figlia di un massimalismo ideologico che è all’origine del disastro che stiamo vivendo. Riteniamo che la transizione ecologica debba essere fatta conciliando la salvaguardia dell’ambiente con la crescita economia e il benessere sociale. In questo l’innovazione tecnologica può essere un prezioso alleato.

Con il pacchetto Fit for 55, la Commissione europea ha deciso lo stop alla vendita di auto a motore endotermico nel 2035. La norma è stata approvata da Consiglio e Parlamento europeo. Secondo il suo partito, si tratta di una scelta corretta o che va rivista? Quale ruolo immagina nella mobilità per i biocarburanti, gli e-fuel e l’idrogeno?

Se il pacchetto Fit for 55 non sarà rivisto dal Consiglio europeo verranno gravemente danneggiate le produzioni industriali europee senza alcun beneficio in termini ambientali. Le emissioni di CO2 (già oggi relativamente poche) prodotte all’interno della UE, saranno infatti prodotte in quantità persino maggiori al di fuori dell’Unione Europea. Inoltre, diventerà più difficile produrre energia, pregiudicando la nostra sicurezza. Tra le aziende con più pesanti ripercussioni ci sono quelle della filiera dell’automobile. Serve maggiore equilibrio e gradualità nell’adozione di misure per combattere i cambiamenti climatici anche se è chiaro che si deve andare sempre più verso fonti energetiche pulite e rinnovabili, tra cui l’idrogeno e prevedere l’utilizzo di biocarburanti, ma non possiamo per questo ridurci a dipendere totalmente da Paesi, come la Cina, che hanno il quasi monopolio di materie prime funzionali alla transizione energetica.           

Il Superbonus 110% è la misura di risparmio energetico più importante della scorsa legislatura. I fondi per le detrazioni sono esauriti. Il suo partito vuole rifinanziare la misura? Se sì, pensate ci sia bisogno di correggerne alcuni aspetti? Se sì, quali?

Il superbonus è uno strumento utile per rilanciare un settore in difficoltà, fatto in gran parte da piccole e medie imprese, ma non può essere trasformato in un percorso ad ostacoli di norme e burocrazia in cui si cela la “fregatura” per aziende e professionisti. Come Fratelli d’Italia abbiamo già prospettato misure per tentare di porre rimedio a questa situazione e venire incontro alle esigenze di famiglie e imprese attraverso la semplificazione e l’efficienza dei meccanismi di attribuzione dei fondi.   

Durante la scorsa legislatura è stato varato il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che contiene anche riforme e investimenti su biometano, rinnovabili, mobilità elettrica, idrogeno ed efficienza energetica. Il suo partito ritiene che il piano vada rivisto, anche alla luce dell’attuale crisi energetica?

Nei nostri programmi c’è la volontà di rivedere alcune destinazioni del PNRR, con modifiche che riguardano soprattutto le infrastrutture energetiche. È evidente che sono mutate le condizioni di necessità e priorità, con il costo della vita e il caro energia a farla da padrone. Per questo pensiamo sia utile aggiornare il PNRR, tenendo in equilibrio la sostenibilità ambientale con quella sociale. Avrebbe già dovuto essere così, tanto è vero che la Germania ha investito sull’energia, soprattutto sull’idrogeno, il 90% del suo PNRR e l’Italia appena il 6%. Esiste la possibilità di formulare un aggiornamento del PNRR con addendum dedicato al Repower, il piano per il finanziamento delle attività nel settore energetico.     

Per rispondere alla crisi energetica, il governo Draghi ha deciso di aumentare la produzione di gas nazionale nelle aree idonee individuate dal Pitesai. Il suo partito è d’accordo ad aumentare la produzione nazionale? Pensate ci sia bisogno di rivedere il Pitesai individuando nuove aree in cui è possibile estrarre gas?

Come detto, riteniamo che una delle risposte alla crisi energetica e alla necessità di svincolarci dalla dipendenza da altri Paesi fornitori sia aumentare in tempi brevi la produzione del gas naturale da giacimenti che sono inattivi o operativi in maniera parziale. In tal senso il Pitesai può essere rivisto per rimuovere le barriere burocratiche che impediscono l’estrazione di gas naturale dai nostri giacimenti fermi, soprattutto nel Mar Adriatico.

Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, per diversificare gli approvvigionamenti di gas, il governo Draghi ha deciso di installare due nuovi rigassificatori galleggianti a Ravenna e a Piombino. Il suo partito è d’accordo a installare i due rigassificatori a Ravenna e Piombino?

In linea generale Fdi è favorevole ai rigassificatori, ma a Piombino come a Ravenna o in qualsiasi altro caso devono essere valutati bene anche gli aspetti di sicurezza, ambientali ed economici. Ci sono procedure da seguire e rispettare e solo i riscontri reali pososo definire e se il sito individuato è adeguato o meno.

I prezzi elevati uniti alla scarsità e all’incertezza nell’offerta potrebbero rendere necessario il razionamento del gas. In quel caso, a quali categorie di consumatori andrebbe data la priorità: alle imprese per preservare il tessuto economico, o alle famiglie?

Famiglie e imprese, nei loro diversi ambiti, devono essere tutelati e Fratelli d’Italia attuerà le necessarie misure se saremo alla guida del Paese. Non si tratta di privilegiare una categoria o settore rispetto ad altri ma valutare e stabilire quelle misure che possano evitare il razionamento del gas, a partire da politiche di risparmio. In ogni caso le misure andranno valutate nel contesto economico e sociale in cui le esigenze verranno a maturare.

La transizione ecologica e la crisi energetica stanno mettendo sotto pressione i tradizionali meccanismi di mercato nell’energia, mostrandone limiti di fronte a situazioni di crisi (v. l’estrema volatilità dei prezzi). Il suo partito pensa che il mercato liberalizzato debba comunque restare il modello di riferimento per l’energia?

Come ogni altro prodotto anche l’energia è sottoposta alle leggi di mercato ma, come stiamo vedendo a nostre spese, ci sono prodotti e materie strategiche come l’energia il cui prezzo e contrattazione non possono essere lasciati in balia della speculazione internazionale. Con danni gravissimi per gli equilibri economici e sociali. Servono meccanismi di correzione, come il price cap europeo, ed è necessario prevedere correttivi che, nel caso dell’energia elettrica, possono essere relativi alla separazione tra prezzo del gas e prezzo finale dell’energia elettrica.

La Redazione