Euro 7, slitta l’entrata in vigore: si spacca la maggioranza Ursula
Il testo passato con 329 voti
Con il regolamento Euro 7 è in arrivo una stretta sulle emissioni inquinanti dei veicoli, come gli ossidi di azoto. L’entrata in vigore è prevista nel 2027
Con 329 sì, 230 no e 41 astensioni il Parlamento europeo ha deciso che l’entrata in vigore dell’Euro 7 dovrebbe slittare almeno al 2027 (invece che il 2025 come stabilito prima). Si tratta del testo presentato a novembre 2022 dalla Commissione Ue e che, nei piani di Bruxelles, dovrebbe diventare operativo il 1° luglio 2025. In realtà in commissione ambiente si era deciso per un posticipo al 2030. Venendo incontro alle richieste del mondo dei costruttori auto europei, che ritenevano troppo stringenti i tempi per conformarsi alle regole europeo di Euro 7, ora la palla passa al trilogo (riunione tecnica di membri di commissione, consiglio e parlamento) che dovrà discutere il provvedimento uscito dal voto della plenaria.
Ma la vera notizia è quella che, sul voto del provvedimento, si è assistito ad una decisa spaccatura della vecchia maggioranza cosiddetta Ursula. A votare a favore sono stati i gruppi Ecr, Ppe, e Renew nella loro quasi completezza, e una buona parte del gruppo Id. I Socialisti si sono spaccati: la maggioranza del gruppo, inclusa la delegazione Dem, ha votato contro il testo, quindi a favore di una proposta più ambiziosa. Mentre il gruppo dell’Ecr non può che esultare per quello che pare un primo colpo importante alla vecchia maggioranza, in vista delle elezioni del prossimo giugno.
“Con il via libera della camera al mandato sui nuovi standard Euro 7, è successo qualcosa che mai era successo prima di oggi, ovvero che si affermasse una maggioranza di centrodestra che va dai liberali di Renew Europe a Identità e Democrazia passando per il Partito popolare europeo (Ppe) e ai conservatori di Ecr” ha subito affermato l’europarlamentare di Fratelli d’Italia Nicola Procaccini, copresidente del gruppo Ecr al Parlamento europeo in un punto stampa a Bruxelles.
“Questa maggioranza – ha aggiunto – si è imposta ed è riuscita a imporre nuove soglie cronologiche e finalmente quel buonsenso che finora è mancato nella trattazione del Green Deal, nella capacità di combinare difesa dell’ambiente e produzione economica”. La legislazione interviene sui limiti per le emissioni dei gas di scarico (come ossidi di azoto, particolato, monossido di carbonio e ammoniaca), sulle emissioni di pneumatici e freni e sulla durata delle batterie. Per le emissioni inquinanti delle autovetture, i deputati hanno sostenuto i livelli proposti dalla Commissione e una ripartizione supplementare delle emissioni in tre categorie per i veicoli commerciali leggeri in base al loro peso. Per le emissioni di gas di scarico di autobus e veicoli pesanti, hanno adottato limiti più rigorosi di quelli proposti. Le emissioni dovranno inoltre essere misurate in laboratorio e in condizioni di guida reali. Si tratta comunque di un risultato sicuramente soddisfacente, anche se come ha sottolineato il deputato dell’Ecr, Pietro Fiocchi, firmatario di un importante emendamento uscito sconfitto dal voto, con ancora qualche ombra, dal punto di vista per esempio dei piccoli produttori, che rischiano di essere quelli maggiormente colpiti.
“La posizione negoziale del PE si fonda su un testo profondamente migliorato rispetto alla proposta iniziale della Commissione, che risponde a una visione concreta, realistica e pragmatica, sulla linea del governo italiano e su cui si era già aggregata una maggioranza di Stati nel Consiglio competitività “,ha commentato il ministro del made in Italy Adolfo Urso.
Il nuovo regolamento, su sollecitazione italiana, permette di salvaguardare la filiera dell’automotive, eliminando i vincoli più restrittivi per le emissioni e rinviando l’adozione della nuova normativa, garantendo più tempo alle aziende nella riconversione sia per i veicoli leggeri sia pesanti. Viene inoltre tutelata la filiera dei produttori di “piccoli volumi”, cioè l’alta gamma tipica della produzione nazionale, e quella dei veicoli commerciali”.