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Ecco come smaltire le bioplastiche: ci pensa il plancton marino - Terra dei Figli Blog
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Ecco come smaltire le bioplastiche: ci pensa il plancton marino

Ecco come smaltire le bioplastiche: ci pensa il plancton marino

Ecco come smaltire le bioplastiche: ci pensa il plancton marino

Le bioplastiche, nate ed elaborate per far fronte ai fattori dannosi della plastica verso l’ambiente, sono anche attaccabili e smaltite dal plancton marino, diminuendo così ulteriormente il pericolo di inquinamento diffusione nell’ambiente di queste sostanze. Un apposito studio ha infatti rilevato che alcuni microrganismi del plancton marino sono in grado di degradare le bioplastiche.        

Secondo quanto diffuso dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), lo studio, basato su una ricerca nata dalla collaborazione tra l’università di Pisa, l’Acquario di Livorno Costa Edutainment, Azienda Servizi Ambientali Asa di Livorno, la Zhejiang Ocean University (Zjou) ed il Laboratorio congiunto sino-italiano Zjou, ha mirato a verificare se, tra questi microrganismi associati ai copepodi (che rappresentano in maniera predominante lo zooplancton), si potessero isolare alcuni in grado di degradare macromolecole prodotte dall’uomo. Come, ad esempio, quelle che costituiscono le plastiche. Si tratta di una scoperta importante, considerato la grande diffusione di bioplastiche di nuova generazione negli ultimi 20 anni.

COSA ACCADE AI MICRORGANISMI

In base sempre ai dati diffusi dall’Ispra, «per la prima volta è emerso che alcune componenti batteriche associate ai copepodi allevati nei laboratori Ispra di Livorno sono in grado di dare inizio, dopo 82 giorni e a temperatura ambiente (20°C), a un processo di idrolisi dei legami esteri del Pbsa, una delle bioplastiche poliesteriche più comuni, proposte anche per la realizzazione di reti per il ripristino di praterie di Posidonia oceanica in ambiente marino degradato. Il microorganismo isolato dai copepodi ha mostrato la capacità di rompere la catena polimerica del Pbsa agendo in particolare nelle regioni cristalline, generalmente meno accessibili alle attività degradative. I risultati di questo studio rappresentano un importante punto di partenza per approfondire la biodiversità delle comunità di microorganismi associate al plancton marino, potenzialmente utili in campo biotecnologico».

La Redazione