L’economia circolare come contributo alla tutela dell’ambiente
Intervista a FILIPPO BRANDOLINI
Vicepresidente vicario Utilitalia
I “rifiuti” sono sempre visti con sguardo distaccato e spesso di sdegno, ma in realtà risultano essere una delle principali materie prime prodotte da una comunità. L’economia circolare quanto può ridurre i costi della società e al tempo stesso salvaguardare l’ambiente?
L’economia circolare può dare un contributo sia per l’ambiente che per l’economia, così infatti è definita “economia circolare”. Per esempio grazie alla raccolta differenziata, che nel nostro paese si fa da più di 20 anni, siamo diventati esportatori di maceri di carta e cartone riciclati. Negli ultimi anni sono state aperte tre nuove cartiere e questo significa che abbiamo la materia prima e seconda per alimentare queste nuove industrie: in questo modo ridurremo l’esportazione di questo rifiuto ed è la prima testimonianza di come il riciclo possa favorire lo sviluppo dell’economia del nostro Paese, infatti riutilizzare le materie prime e seconde è un aspetto strategico per lo sviluppo dell’industria manifatturiera.
Periodicamente promuoviamo la pubblicazione del “Green book”, uno studio sulla gestione dei rifiuti in Italia contenente anche dati economici e sulla “governance” del settore, curato dalla Fondazione Utilitatis in collaborazione con ISPRA. Un capitolo è stato dedicato nello specifico all’import export dei rifiuti. Risulta che noi siamo un paese esportatore di rifiuti, ma principalmente esportiamo perché abbiamo una insufficiente dotazione impiantistica: infatti esportiamo rifiuti che devono essere smaltiti nei termovalorizzatori e nelle discariche collocati all’estero. Per quantità molto maggiori però siamo “importatori di rifiuti” che in realtà diventano materie prime e seconde: importiamo infatti vetro, rottami metallici, legno tutti materiali che vanno a servizio della nostra industria manifatturiera. Questi due esempi evidenziano come l’economia circolare possa contribuire allo sviluppo dell’industria manifatturiera italiana. Dobbiamo aspettarci che con l’aumento del riciclo nei prossimi anni, possiamo fornire materie prime e seconde in maniera ancora più vantaggiosa per le nostre industrie nazionali.
Il beneficio per l’ambiente è indubbio poiché se noi raccogliamo in maniera differenziata e poi ricicliamo i rifiuti, riduciamo la necessità di trattare i rifiuti nelle discariche o nei termovalorizzatori e questo è un primo aspetto. Ma l’aspetto fondamentale è che recuperiamo materiali che non andiamo a sottrarre, a estrarre come materie prime, dall’ambiente.
Qual è il ruolo delle utilities italiane nella transizione ecologica?
Il ruolo delle utilities italiane è sicuramente centrale perché per transizione ecologica ci riferiamo proprio a settori tra i quali l’energia, il servizio idrico e la gestione dei rifiuti, in cui operano le utilities. Per quanto riguarda i rifiuti, come detto, possono sicuramente svolgere un ruolo per favorirne la corretta gestione degli stessi secondo i principi dell’economia circolare, massimizzare la raccolta differenziata che è pre-condizione per favorire il riciclo e trattare quei rifiuti che non sono riciclabili in modo tale da non arrecare danno all’ambiente (quindi recuperare energia nei termovalorizzatori là dove è possibile e, per quella parte che non è recuperabile in alcun modo, utilizzare discariche che siano sicure per l’ambiente e controllate).
Per l’energia il contributo può essere sicuramente nel favorire la produzione di energie rinnovabili: le utilities sono società e imprese che operano nella distribuzione e vendita dell’energia, ma anche nella produzione e quindi possiamo sicuramente sviluppare il settore delle rinnovabili e al tempo stesso sviluppare l’efficienza energetica nei nostri cicli produttivi o di distribuzione dell’energia.
L’approccio della transizione ecologica è tipicamente intersettoriale, si pensi al settore idrico in cui al risparmio della risorsa si affianca l’efficientamento energetico dei processi di gestione, in particolare per la parte di depurazione.
Facciamo l’esempio del rifiuto organico che separiamo nelle nostre abitazioni e le utilities raccolgono in modo differenziato, se trattati in impianti di digestione anaerobica e integrati con il compostaggio consentono di recuperare contestualmente sia energia o combustibile totalmente rinnovabile che materia. Si parla sempre più di biometano e compost, a maggior ragione in questo periodo di conflitto in Ucraina. C’è infatti una forte crisi nell’importazione di fertilizzanti che provengono da quelle aree dell’Europa e ciò ha fatto sì che aumentasse la domanda di compost che noi ricaviamo dai processi di trattamento del rifiuto organico e che può essere utilizzato in agricoltura in sostituzione dei fertilizzanti. Lo stesso vale per il biometano.
Dal trattamento del rifiuto organico si può produrre questo combustibile che ha caratteristiche del tutto analoghe al gas fossile e pur per quantità limitate contribuisce a ridurre la dipendenza dalle importazioni.
Tornando alla gestione dei rifiuti, sono molti i pregiudizi sui termovalorizzatori che però sono parte del ciclo dell’economia circolare.
Sappiamo che sui termo-valorizzatori c’è un ampio dibattito, molte contestazioni, molti timori, molta cattiva informazione e molti pregiudizi. I termovalorizzatori sono indi-spensabili per chiudere il ciclo di gestione dei rifiuti e per favorire anche l’economia circolare dal momento che tutti i rifiuti non sono riciclabili o non sono eternamente riciclabili (pensiamo alla carta, al cartone, alla plastica).
A un certo punto ci sono dei rifiuti che, non essendo riciclabili, devono essere trattati e le alternative allo stato attuale delle conoscenze sono o la discarica o la termovalorizzazione che è un’opzione ambientalmente migliore poiché consente di recuperare energia e di ridurre gli impatti ambientali che una discarica provoca. La discarica comporta la destinazione di un territorio per lungo tempo – si parla di secoli – per ospitare il rifiuto stoccato definitivamente, inoltre comporta impatti ambientali nella misura di emissioni di gas clima alteranti, deve essere controllata per evitare che i percolati possano inquinare la falda.
Per cui è un impianto molto impegnativo da un punto di vista ambientale e molto meno performante di un termovalorizzatore.
Essi sono stati oggetto di numerosi studi e ricerche, l’anno scorso con Utilitalia abbiamo pubblicato un libro bianco sui termovalorizzatori ed emerge che sono impianti che hanno impatti ambientali e sanitari decisamente poco significativi.
Le emissioni, da un punto di vista ambientale, sono risibili se paragonate ad altre attività umane, soprattutto a confronto del sistema dei trasporti, il sistema del traffico urbano, il riscaldamento civile, piuttosto che di altre industrie a maggiore impatto ambientale. Stiamo parlando tra l’altro di impianti presenti nelle grandi capitali europee, come Vienna, Copenaghen, Parigi e sono collocati il più delle volte nei centri cittadini.