Agricoltura e ambiente, Procaccini: “Basta con le follie green!” Ecco uno stralcio dell’intervista all’europarlamentare di Fratelli d’Italia pubblicata dal quotidiano Il Tempo.
La protesta degli agricoltori europei è arrivata alle porte del Parlamento europeo a Bruxelles. Nicola Procaccini, capogruppo Ecr all’europarlamento, indica come si sta muovendo la politica comunitaria.
Onorevole cosa sta succedendo con gli agricoltori di tutta Europa? «Verrebbe da dire: tanto tuonò che piovve. Questa legislatura europea, con cadenza trimestrale, portava all’approvazione del Parlamento europeo una direttiva o un regolamento che andava a penalizzare gli agricoltori, gli allevatori e i pescatori, individuati come nemici dell’ambiente e della natura e per questo da eliminare con metodi sovietici. Cancellati attraverso sanzioni, multe, divieti e abrogazioni da questa ideologia pseudo green di cui Timmermans era l’alfiere».
Ci può fare qualche esempio?
«La legge sul ripristino della natura apparentemente una legge logica in realtà era un concentrato di follie ambientaliste come il ritorno alle paludi, la rimozione degli argini dei fiumi o l’abbandono del 10% dei terreni coltivati. È proprio la logica alla base che è sbagliata, per la Commissione l’uomo è dannoso per la natura quindi se viene tolto di mezzo allora la natura rifiorisce. Noi la contestiamo perché invece per noi è proprio il contrario. È surreale che gli ambientalisti da salotto che vivono nella ztl di Stoccolma e che nella natura ci vanno in vacanza una volta l’anno pretendano di dare lezioni di ecologia e di ambientalismo a chi nella natura ci vive e lavora da sempre».
Di fronte a tutto ciò sembra che anche le istituzioni comunitarie stanno cambiando rotta.
«Oggi assistiamo a delle inversioni a U ridicole. Leggevo che il partito tedesco dei verdi si lamentava al Congresso europeo dei partiti ambientalisti europei dei target climatici eccessivi che sono stati posti da Bruxelles. Probabilmente complice la protesta degli agricoltori e l’avvicinarsi delle elezioni sono in molti a ripensarci». E se alle prossime elezioni si riproporrà il tandem popolari e socialisti come pensa sia possibile cambiare il governo europeo? «Sono ottimista. La prossima Commissione 2024 sarà espressione dei governi eletti al 2024 che sono per tre quarti (o quattro quinti) di centrodestra. Poi avremo il Consiglio europeo di centrodestra. Manca la terza gamba: il Parlamento europeo. Se guardiamo ai sondaggi degli ultimi giorni c’è uno spostamento a destra dell’elettorato importante. Quindi a questo punto toccherà al Partito popolare europeo decidere se vuole allearsi con le sinistre o il centrodestra».
Che ruolo ha avuto Giorgia Meloni nel convincere Orban a votare a favore dello sblocco dei fondi per l’Ucraina? «Giorgia Meloni ha fatto il miracolo in una notte. È arrivata alle 22 a Bruxelles e fino alle 8 del mattino si è messa a testa bassa a cucire tutti gli strappi possibili e immaginabili riuscendo a far approvare all’unanimità l’intero pacchetto finanziario comprendente di aiuti all’Ucraina, fondi contro l’immigrazione illegale, e anche una dichiarazione, immagino richiesta da Orban, in cui si dice che è ora di finire con questa storia della violazione dello stato di diritto laddove viene utilizzato come strumento politico per attaccare questo o quel governo. Se Orban talvolta ha degli atteggiamenti oppositivi, su cui anche noi abbiamo delle riserve, è anche perché viene ricattato rispetto all’erogazione dei fondi che spettano all’Ungheria con la scusa della violazione dello Stato di diritto ma spesso si tratta di una scusa perché lui non fa altro che applicare l’agenda con cui ha vinto le elezioni e ne ha tutto il diritto. Lui si è messo con la Commissione europea per affrontare tutti i 19 punti contestati ma i fondi rimangono comunque bloccati perché sta politicamente antipatico ad alcuni; tranne poi chiedergli i soldi per l’Ucraina».