L’estremismo ambientale e l’ecologia identitaria dei conservatori
E’ vero, abbiamo il dovere di agire per ridurre le emissioni nocive per l’ambiente ma dobbiamo farlo in un modo che stimoli la crescita e le opportunità di lavoro nelle nostre comunità. Dobbiamo cioè garantire al contempo la sostenibilità ambientale, la competitività economica e la tenuta sociale del nostro modello di sviluppo, adottando un approccio tecnologicamente neutrale e rispettoso delle scelte nazionali nel proprio mix energetico. L’estremismo ambientale contenuto nelle politiche green della UE non garantisce questo equilibrio e mette a rischio la tenuta economica e sociale delle nostre nazioni. Serve una transizione ecologica meno ideologica e radicale, ma più pragmatica: i costi della tutela dell’ambiente non devono ricadere completamente su imprese e famiglie europee. Che il modello del Green deal non funziona e c’è molto da rivedere lo aveva capito la stessa Commissione UE che, alla fine delle scorsa legislatura, ha fatto indietro su molte decisioni che alla prova dei fatti si stanno rivelando disastrose. Ma forse era una manovra di tipo elettorale, visto che il programma presentato dalla rieletta presidente della Commissione UE, Ursula Von der Leyen, non si discosta molto da quello dei cinque anni precedenti proprio in tema di green deal.
La salvaguardia dell’ambiente, del resto, ha sempre occupato un ruolo centrale dal punto di vista programmatico e del dibattito dei conservatori, perché è anche il modo attraverso cui i conservatori difendono la nostra nazione, la nostra identità, il nostro futuro. Secondo un principio che Roger Scruton, tra i più importanti filosofi conservatori contemporanei e da poco scomparso, ha ben affermato, sostenendo che “l’ecologia è la quintessenza della causa conservatrice perché è l’esempio di quella alleanza che noi difendiamo tra i morti, i vivi e i non ancora nati”. La sinistra, invece, deve trovare un surrogato al comunismo e ha sposato la causa ambientalista in modo furioso, secondo una ideologia globalista che teorizza il grande Stato mondiale cui consegnarsi totalmente, senza tenere conto delle radici e delle identità dei singoli popoli e nazioni, e quindi alimentando un catastrofismo che induce a scelte sbagliate.Nel percorso verso la transizione ecologica, l’innovazione e la tecnologia possono essere nostri grandi alleati. Vanno attuate politiche economiche e industriali intelligenti, per cui ad esempio se il pacchetto Fit for 55 non sarà rivisto verranno gravemente danneggiate le produzioni industriali europee.
In Italia abbiamo la necessitò di agire per tutelare lefiliere produttive, che altrimenti rischiano di essere smantellate e con esse l’economia di interi territori. In tal senso, l’approccio auspicato da Fratelli d’Italia è, per esempio, quello della “neutralità tecnologica” anche nel disegnare il futuro della mobilità, lasciando alle nazioni decidere come raggiungere gli obiettivi ambientali in base al mix energetico che le stesse nazioni possono adottare nella transizione ecologica. E’ necessario, quindi, proporre una revisione degli obiettivi del Green deal, al fine di garantire la sostenibilità e la competitività del nostro tessuto socioeconomico. Su questo, soprattutto, Fratelli d’Italia e i conservatori sono chiamati a incidere per consentire alla UE di cambiare il suo approccio. La strategia che, invece, le sinistre intendono continuare a portare avanti a Bruxelles anche nella nuova legislatura, è fatta di tempi troppo stringenti e azioni traumatiche che rischiano di creare gravi squilibri economici e sociali a fronte di esigui risultati sul miglioramento dell’ambiente Anche su queste sfide si gioca la contesa politica per il futuro dell’Europa.