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Il ripristino della natura deciso a tavolino da Bruxelles. Non convincono tempi e modalità.        - Terra dei Figli Blog
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Il ripristino della natura deciso a tavolino da Bruxelles. Non convincono tempi e modalità.       

Il ripristino della natura deciso a tavolino da Bruxelles. Non convincono tempi e modalità

Il ripristino della natura deciso a tavolino da Bruxelles. Non convincono tempi e modalità.       

Il 18 agosto 2024 è entrata ufficialmente in vigore la “Nature Restoration law”, la legge Ue sul Ripristino della Natura, approvata lo scorso 17 giugno il Consiglio Ue. Entro il 2050 i ventisette Stati dell’Unione europea dovranno ripristinare il 100% degli ecosistemi danneggiati ma il provvedimento, che nel suo titolo sembra dal sapore paradisiaco, in realtà è stato uno dei passaggi più controversi della passata legislatura dell’Unione europea. Tanto da essere stata approvata con il voto contrario di sette dei 27 Stati Membri Ue, tra i quali anche l’Italia. Uno strumento che dovrebbe fornire agli Stati membri la tabella di marcia per rispettare gli impegni internazionali sulla biodiversità ma sono tanti i punti che non convincono, dalle modalità ai tempi di applicazione. La Nature Restoration Law ha come obiettivo ripristinare la natura degli ecosistemi terrestri e marini danneggiati. Per questo, gli Stati membri della UE dovranno adottare misure per ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri dell’UE ed il 20% di quelle marine entro il 2030. Mentre entro il 2050 queste stesse misure dovranno estendersi alla totalità degli ecosistemi che necessitano di ripristino. Ma per raggiungere tali obiettivi la legge in questione richiede l’applicazione di misure su cui non tutti gli Stati sono d’accordo, come quella che impone di lasciare almeno 25.000 km di fiumi a flusso libero.

La prima bozza del regolamento Ue sul Ripristino della Natura ha scatenato non poche polemiche, soprattutto da parte degli agricoltori. Contestazioni che hanno portato ad un “ammorbidimento” del testo che, nella versione entrata in vigore il 18 agosto, perde (rispetto al testo di due anni fa) la richiesta della Commissione di destinare il 10% dei terreni agricoli a interventi per la biodiversità. Anche il ripristino delle zone umide per agricoltori e proprietari terrieri passa da obbligatorio a volontario, lasciando agli Stati Membri l’onere di individuare una strategia economicamente vantaggiosa che incentivi questo tipo di interventi. 

Duro era stato il commento dell’europarlamentare di Fratelli d’Italia, Nicola Procaccini, copresidente del gruppo dei conservatori al Parlamento europeo, al momento dell’approvazione del testo, coerentemente con il voto contrario del governo italiano.

 “E’ un grave errore l’approvazione da parte dei ministri dell’ambiente Ue della “legge sul ripristino della natura”. La Ue mostra di non aver capito il messaggio chiaro arrivato dai cittadini, che chiedono un approccio meno ideologico e più realistico su tutte le tematiche a partire da quelle ambientali. L’Italia ha ribadito la propria contrarietà, così come Fratelli d’Italia si era espressa a febbraio nella votazione al Parlamento europeo contro uno dei provvedimenti più ideologici dell’ex commissario Timmermans, che parte dal presupposto che gli esseri umani sono dannosi per la natura. Una misura deleteria che, pur presentando obiettivi condivisibili, è sbagliata nei tempi e soprattutto nelle modalità di attuazione. Rappresenta un attacco feroce a chi vive e lavora nella natura, come gli agricoltori, e comporterà costi economici e sociali elevati, riducendo inoltre il prezioso contributo dell’uomo al mantenimento del territorio. Una legge talmente divisiva che per evitare le ire dei cittadini e dei produttori Ue in vista delle elezioni, a marzo la votazione sul provvedimento, che si è svolta oggi, era stata rinviata”.

Ora L’Italia gli Stati membri, e la stessa Italia, entro due anni devono presentare a Bruxelles il Piano Nazionale di Ripristino. Il Regolamento dovrà contenere le misure previste per raggiungere le tre tappe intermedie fissate dalla Legge UE, al 2030, 2040 e 2050. Il Piano nazionale dovrà includere le tempistiche per l’attuazione, le risorse finanziarie necessarie e i mezzi di finanziamento previsti, nonché i benefici attesi, in particolare per l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici. 

“Nel suo passaggio in Parlamento avevamo lavorato per ridurne gli impatti negativi, ma non c’è dubbio che rimanga ancora una norma fortemente ideologica, penalizzante e per molti aspetti irrealizzabile”, ha affermato il capo delegazione di FDI al Parlamento europeo, Carlo Fidanza, coordinatore Ecr in Commissione Agri. “Ne faranno le spese – ha aggiunto- i nostri agricoltori e tutti i portatori della cultura rurale. Non sarà facile rimetterci mano ma ci proveremo”.

Fabio Benvenuti