PAC 2021-2027: la rotta è tracciata
Arrivata dalla Commissione Europea come la prima grande battaglia ambientalista della sinistra, la PAC (politica agricola comune) o meglio i suoi regolamenti, sono stati votati nella seduta plenaria del Parlamento Europeo dal 19 al 23 Ottobre 2020. C’è molta confusione sull’argomento, ma ciò è comprensibile visto che la PAC nel complessivo costituisce circa un terzo del budget finanziario europeo, ed è portatrice di interessi primari tanto quanto di quelli diffusi, assurgendo quindi a pilastro fondamentale dell’economia comunitaria. Il suo raggio d’azione è talmente fondamentale per il benessere dei cittadini europei da investire ogni parte politica di responsabilità colossali.
Dalla sua prima applicazione ad oggi molto è cambiato. Gli obiettivi sono diventati sempre più specifici, il ruolo degli Stati Membri sempre più importante, i fondi purtroppo sempre più ridotti.
Ma veniamo ai contenuti. La proposta della Commissione Europea formulata nel 2018 è stata sottoposta a numerosi emendamenti in tutti e tre i regolamenti che la compongono (sostegno ai piani strategici, finanziario e organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli). Dopo lunghe procedure negoziali nei triloghi (negoziati informali cui prendono parte alcuni rappresentanti di Parlamento, Consiglio e Commissione), discussioni e votazioni nelle Commissioni competenti (DG AGRI, DG SANTE, DG FISMA ecc.), tavoli di lavoro con i Ministri degli Stati Membri, la nuova PAC ha subito numerosi cambiamenti.
In un primo momento essa si presentava come una riforma troppo ambiziosa a livello ambientale e poco sostenibile economicamente per i soggetti interessati, che non teneva quindi in considerazione le logiche del mercato globale e le necessità del settore produttivo (va ricordato infatti che in termini di guadagno oggi il settore agricolo europeo è quello con maggiore sbilanciamento negativo tra costi di produzione e reddito da lavoro). È stato importante per noi sottolineare attraverso i nostri rappresentanti che la difesa della Terra e la stabilità dei produttori devono sempre venire al primo posto e viaggiano su binari paralleli. Questo è un assunto fondamentale per chi difende la Patria.
Ad oggi arriva sul tavolo negoziale una PAC che sembra trovare il giusto compromesso tra le esigenze del mercato globale e le istanze ambientali. Pur tenendo conto quindi delle linee guida del New Green Deal, che sembrano essere utopiche ma comunque necessarie per tendere al miglioramento delle condizioni attuali (limitazione entro il 2050 non solo le emissioni di carbonio, ma più in generale ogni forma di inquinamento ed utilizzo delle risorse naturali nocive per l’ecosistema), la PAC si pone come strumento a sostegno delle piccole e medie imprese, ridistribuendo i fondi destinati alle aziende agricole in modo più equo e meno dispersivo, favorendo tramite meccanismi premiali la ricerca e lo sviluppo di sistemi ecocompatibili di produzione e tutelando il diritto di ogni cittadino di mangiare cibo sano e prodotto in osservanza di regimi produttivi specifici. Dal punto di vista ambientale è fondamentale ricordare che per la prima volta i fondi saranno assegnati in base ai risultati raggiunti anziché al rispetto delle norme di conformità dando valore effettivo alla capacità degli agricoltori di impattare sull’ecosistema e di dimostrare come questa categoria rivesta un ruolo chiave nella salvaguardia delle risorse naturali.
Grazie agli sforzi dei nostri Parlamentari Europei e al dialogo costante con le associazioni di categoria questo strumento si è reso più attuale e utile, compiendo un passo più verso la giusta direzione.
Il successo in Plenaria però è solo il primo traguardo. Un ruolo predominante nell’efficacia della PAC è attribuito ai singoli Stati: i piani strategici sono infatti demandati nella stesura di questi così come lo è la redistribuzione dei fondi. Ogni Stato dovrà, seguendo le linee guida stabilite dall’Europa, provvedere alla stesura dei piani snellendo i procedimenti amministrativi e controllando l’effettiva realizzazione dei progetti finanziati.
Per quanto riguarda l’Italia si parla al momento di un sistema centrale di stesura dei piani, e un decentramento regionale per lo stanziamento dei fondi, ricalcando grandi linee il modello seguito fin’ora. Certo è che servirà rivedere alcuni processi regionali dato che il problema, tutto italiano, sta nelle lunghe procedure burocratiche che hanno fortemente penalizzato la ricezione dei fondi in alcune regioni dello stivale.
La tutela ambientale è un argomento serio, figlio di tutti noi cittadini, quindi un bilanciamento tra interessi singoli e difesa delle risorse naturali è ciò per cui i nostri Parlamentari lavorano instancabilmente ogni giorno: non si può arrogare il diritto di essere paladini dell’ecosistema solo ad una parte politica, né permetteremo che questa schiacci il progresso e il benessere dei singoli in favore di un’ideologia che ignora il quadro generale. L’abbiamo dimostrato e continueremo a farlo. Molto lavoro c’è ancora da fare all’interno dei triloghi e successivamente nei singoli Stati, ma la rotta tracciata sembra essere ad oggi la più sostenibile ecologicamente ed economicamente.