Cop26, che non sia solo una passerella dal sapore ideologico
Che non sia una passerella né uno spot a sfondo ideologico. È questo il primo e vero auspicio in vista della COP26, la Conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite in programma dalla prossima settimana a Glasgow. Scongiurato questo aspetto, infatti, l’atteso appuntamento, che avrebbe dovuto tenersi inizialmente sempre a Glasgow dal 9-20 novembre 2020, in partnership con l’Italia, e poi ufficialmente riprogrammato lo scorso anno a causa della pandemia di Covid-19 per il prossimo 1-12 novembre, forse potrebbe produrre qualche interessante risultato pratico. Di quelli, per intenderci, che possono portare reali benefici sotto l’aspetto della tutela ambientale e non rivelarsi, invece, una occasione per piantare bandierine e per messe in scena di facciata.
La cosiddetta transizione ecologica, quella che ci dovrà portare nei prossimi anni verso nuove forme di produzione dei beni e servizi e ad un passaggio verso energie sostenibili in grado di ridurre l’impatto sull’ambiente, deve però avvenire in modo graduale e imporla soltanto a colpi di nuovi oneri a carico delle aziende potrebbe rivelarsi un errore fatale, capace di produrre altra povertà e perdita di posti di lavoro. Bisogna quindi definire in maniera ordinata, senza cioè abbandonarsi a provvedimenti a carattere isterico, forme adeguate di incentivi per le rinnovabili ed investire nei carburanti alternativi, ma sempre nella logica della neutralità tecnologica e del mix energetico.
Attenzione, quindi, a strumentalizzazioni e giochi di bassa disinformazione intorno alla Cop26.
L’appuntamento di Glasgow rappresenta la nuova tappa di un percorso che l’ONU ha già avviato da circa trent’anni, riunendo quasi tutti i Paesi della terra in periodici vertici globali sul clima definiti, appunto COP, cioè ”Conferenza delle Parti”. Quest’anno andrà in scena il 26eismo vertice annuale e di qui il nome COP26.
In Scozia sono attesi i leader di molti Stati a livello mondiale, oltre a decine di migliaia di negoziatori, rappresentanti di governo, imprese e cittadini.
Tra le Cop più importanti che si sono tenute negli ultimi anni, spicca certamente quella di Parigi del 2015, in cui per la prima volta oltre 190 Paesi hanno sottoscritto l’Accordo di Parigi sul clima, che mira a contenere l’innalzamento della temperatura terrestre sotto i 2°C, idealmente a 1,5°C, rispetto ai livelli del 1900. In tale quadro i Paesi sottoscrittori si sono impegnati a creare un piano nazionale indicante la misura della riduzione delle proprie emissioni, detto Nationally Determined Contribution (NDC) o “contributo determinato a livello nazionale”. Piani da rivedere ogni cinque anni e che saranno presentati a Glasgow per il nuovo quinquennio, tenendo conto, secondo i dati aggiornati dall’ONU, che gli impegni presi a Parigi non sarebbero ormai più sufficienti per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi.
Per approfondimenti si può consultare il sito ufficiale della COP26
https://ukcop26.org