Un modello di ecologia produttiva da condividere con le comunità
Intervista a GIANNI LAMPIS
Assessore alla Difesa dell’Ambiente Regione Autonoma
della Sardegna e presidente della Commissione Ambiente,
Energia e Sostenibilità della Conferenza della Regioni
Il PNRR è un bel sogno per il nostro Paese, ma anche una grande sfida in virtù della burocrazia che purtroppo imbriglia le maglie della pubblica amministrazione da decenni. Qual è il ruolo del sistema delle Regioni e come sta affrontando il proprio compito?
La Commissione Ambiente, Energia e Sostenibilità della Conferenza della Regioni, che come Regione Sardegna abbiamo l’onore e l’onere di guidare, ha sin subito ribadito al Governo che la programmazione di queste risorse non può prescindere dal coinvolgimento di tutte le componenti che costituiscono l’architettura istituzionale nei suoi diversi livelli di governo del territorio. Abbiamo ritenuto di dover individuare proposte prioritarie come la messa in sicurezza del territorio, le importanti infrastrutture di collegamento viario, la transizione energetica e una nuova concezione di ecologia produttiva che superi la tutela dell’ambiente fine a se stessa. È chiaro che tutti gli investimenti e gli interventi che potranno quindi essere realizzati, se si vorranno realmente ottenere i risultati auspicati, dovranno trovare un percorso tecnico amministrativo di tipo autorizzatorio fortemente snellito rispetto all’attualità. Non possiamo più limitarci a tagliare le tempistiche delle procedure se di contro il personale che se ne occupa è lo stesso in termini di numeri e professionalità unitamente al fatto che comunque si debbano esprimere ogni volta “enne elevato infinito” Enti, che quindi entro quel termine prestabilito non consentiranno la conclusione del procedimento. Una seria e articolata legge nazionale di semplificazione è strumento essenziale di questa auspicata epoca di ripartenza. Perché pensare di ripartire con le regole del gioco del passato significherà far fallire le ambizioni, le prospettive e le esigenze di riscatto che la nostra comunità nazionale invoca a gran voce. Le Regioni e le Province Autonome vogliono accompagnare l’architettura dello Stato in questo processo in cui nessuno può permettersi di uscirne sconfitto. Percorrere strade comuni e ricercare soluzioni di sintesi e di equilibrio è l’impegno solenne che ci accumuna per consentire al “Sistema Paese” di essere orgogliosamente forte con le sue innumerevoli specificità nonostante i continui tentativi di emulazione che non potranno mai scalfire l’unico, vero e inimitabile “Made in Italy”.
Spesso i temi ambientali sono trasversali, ma il nostro territorio nazionale vede differenti conformazioni e specificità, oltre alle diverse economie. L’assemblea da lei presieduta riesce a incidere sulle scelte del Governo per quanto di competenza?
L’Italia vede nelle sue innumerevoli differenziazioni territoriali la sua principale caratteristica in termini di valenze ambientali e paesaggistiche. Lo sviluppo armonico e solidale di tutto il territorio nazionale è la direttrice principale che ha sempre ispirato le scelte della nostra Commissione, superando le divisioni ideologiche che troppo spesso hanno rappresentato il vero freno al consolidamento di un’economia che oggi più che mai può affermarsi consentendo all’uomo e alle sue attività di coesistere con le esigenze di tutela ecologica. Il Governo sbaglia quando pensa di poter confezionare pacchetti che le Regioni devono supinamente recepire, così come sbaglia se pensa che velocizzare la spesa economica sia direttamente proporzionale all’evocare ai soli uffici ministeriali le competenze tecniche e amministrative. Posso comunque affermare che su tantissimi temi, grazie al nostro lavoro, abbiamo migliorato le proposte governative anche modificando in pieno la visione centralista più volte presentata.
L’ambiente è diventato centrale solo recentemente nelle agende di governo e della politica, ma riesce davvero questo aspetto a essere determinante nelle scelte delle amministrazioni?
La nostra comunità umana e politica ha una grande responsabilità, ovvero quella di non lasciare ad altri l’egemonia dei temi ambientali.
La nostra è una storia in cui il paesaggio e l’ambiente hanno rappresentato elementi fortemente identitari per la Nazione e per le popolazioni insediate nelle Regioni. Il miglior modo per affrontare questa sfida culturale è affermare le nostre proposte politiche superando una transizione ecologica vuota di contenuti per giungere ad una tradizione ecologica che rafforzi finalmente il ruolo dell’uomo all’interno del sistema ambiente. Le politiche ambientali oggi sono agricoltura, turismo, industria, energia, urbanistica e quant’altro sia elemento essenziale dei cicli produttivi del Paese. Alla musealizzazione del territorio gridata a gran voce dai nostri antagonisti noi dobbiamo rispondere con un modello di ecologia produttiva, che anche negli strumenti di pianificazione locali possa trovare la condivisione e l’approvazione delle singole comunità. I nostri amministratori locali nei propri piani urbanistici, di protezione civile, di assetto idrogeologico, di regolamentazione degli insediamenti produttivi nell’agro, potranno segnare coi fatti la discontinuità rispetto al passato attualizzando una sensibilità ecologica che è sempre appartenuta al nostro agire in politica.