LA FORZA DI UNA NAZIONE PASSA ANCHE PER L’ENERGIA LIBERA
La posizione centrale assunta dai fattori legati al futuro energetico e al cambiamento climatico rappresenta per l’Italia, come per gli altri Paesi, materia di necessario approfondimento in rapporto anche alle strategie da attuare per garantire uno sviluppo economico equilibrato. Fondamentali, al riguardo, sono le scelte di politica energetica che il nostro Paese è chiamato oggi a elaborare e attuare, ma che avranno una incidenza decisiva sulle generazioni future e che devono partire da due premesse essenziali. La prima è che L’Italia è tra i maggiori importatori di energia in Europa, quindi più soggetta alle influenze esterne, e questo richiede oggi una pianificazione e una radicale modifica del nostro assetto energetico.
La seconda premessa ci mette in guardia da una transizione energetica fatta di un ambientalismo cieco e ideologico, come quello portato avanti dalle sinistre in Europa, che rischia di creare gravi danni al sistema economico e consegnare l’Italia e l’intera Unione Europea nelle mani di chi detiene le materie prime utili alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Il tutto con gravi rischi per l’ambiente, nella misura in cui si offre un vantaggio competitivo agli Stati che inquinano di più al mondo. L’UE produce solo il 9 per cento delle emissioni globali mentre altri paesi, come Cina o India, che producono buona parte delle emissioni nocive, non intendono rinunciare a forme di energia inquinanti. Inoltre i cosiddetti “elementi rari” o “terre rare”, fondamentali per lo sviluppo tecnologico (superconduttori, magneti, fibre ottiche ecc.) ed economico, sono in gran parte in mano alla Cina che detiene il 95% della produzione mondiale.
Gli elementi essenziali su cui si struttura la posizione e la proposta di Fratelli d’Italia sul tema della transizione energetica in Europa e in Italia, devono avere come obiettivo di garantire quanto più possibile al nostro Paese l’indipendenza energetica, mirando anche a contenere il riscaldamento climatico. Scelte strategiche basate su una visione prospettica realistica, pragmatica e in grado di valorizzare le specificità del nostro territorio, con grande attenzione al rispetto dell’ambiente, ma anche alla innovazione tecnologica e a garantire un equilibrato sviluppo dell’Italia. È questo il corretto approccio alla transizione ecologica dei Conservatori e Riformisti Europei, che va appunto in direzione della conservazione del patrimonio naturale, ma anche della protezione del sistema economico e del benessere sociale e guarda all’indipendenza delle nazioni anche sotto il profilo energetico.
L’analisi dei dati e delle esigenze presenti nel nostro Paese, vorticosamente accelerate dalle conseguenze generate dall’aggressione della Russia all’Ucraina, porta a strutturare un mix energetico che abbandoni, in modo però graduale, le fonti fossili tradizionali puntando a potenziare le principali fonti rinnovabili. È il caso dell’eolico, su cui occorre investire soprattutto attraverso la realizzazione di parchi eolici off-shore, tali di ridurre l’impatto ambientale delle pale sulle coste, imponendo limiti chilometrici ben definiti dal litorale. A oggi in Italia ci sono decine di progetti di parchi eolici al largo delle coste in lista d’attesa e bloccati. Relativamente al fotovoltaico, lo sviluppo passa per il modello “sopraelevato”, per non danneggiare i terreni sottostanti risparmiando e limitando lo sfruttamento di campi che invece devono essere destinati all’allevamento e alla coltivazione.
Punto fondamentale della nostra strategia energetica è sostenere l’estrazione di gas metano dai grandi giacimenti presenti sul territorio nazionale, così da consentire all’Italia di ridurre in tempi brevi la dipendenza dal gas importato. Una fonte energetica fossile meno impattante delle altre, come petrolio o carbone, da utilizzare almeno come soluzione ponte verso l’approvvigionamento esclusivo da fonti rinnovabili e non inquinanti. A oggi, l’Italia dipende per il 59,5% dal gas naturale come approvvigionamento elettrico e il nostro Paese è il terzo importatore mondiale di gas (principalmente da Russia e Algeria). Un paradosso, dal momento che possediamo enormi giacimenti di gas e di fronte anche all’esplosione del prezzo di questo combustibile che si traduce in bollette assai più care per famiglie e imprese.
La considerazione degli aspetti tipici del nostro territorio apre le porte a due grandi potenziali fattori di produzione energetica. Il primo passa attraverso l’idroelettrico, che si può avvalere dei molti bacini idrici presenti in Italia e ancora inutilizzati, tecnologia affidabile e produttiva su cui l’Italia ha smesso di credere (e investire) da più di un decennio. Un’altra fonte energetica pulita, di cui l’Italia potrebbe giovarsi più di altre nazioni, è quella geotermica, che sfrutta l’enorme calore attivo presente nel nostro sottosuolo vulcanico, ma occorrono immediate e adeguate attività di esplorazione, che hanno però altissimi costi.
Di non trascurabile considerazione è lo sviluppo della produzione energetica da biomasse, che trae alimento dalla necessaria cura di boschi e foreste e dagli scarti delle lavorazioni agricole, certamente abbondanti nel territorio italiano, e dell’economia circolare legata al conferimento di rifiuti domestici e industriali differenziati. Riguardo il grande capitolo dell’energia nucleare, è evidente che al momento essa non appare una opzione percorribile per il nostro Paese, considerato l’impedimento di carattere normativo scaturito dai referendum degli anni ottanta e novanta, e considerate le difficoltà nello smaltimento delle scorie radioattive, i grandi rischi in termini di sicurezza, ma anche gli alti costi e lunghi tempi di realizzazione di nuove centrali. D’altra parte, oltre il 10% dell’energia che consumiamo nel nostro Paese viene proprio da importazioni di energia nucleare, prevalentemente francese, e l’Italia è l’unico Paese del G8 a non avere impianti nucleari (in Europa ci sono 180 centrali attive e nel 2018 coprivano il 20% del fabbisogno elettrico del continente). In una visione di breve termine può tornare utile investire sul nucleare all’estero, come accade oggi con gli impianti dell’ENEL in Slovacchia, mentre in una visione di lungo termine appare comunque importante investire sulla ricerca per arrivare a una tecnologia sicura e performante, come nel caso della fusione nucleare a confinamento magnetico, su cui sta investendo l’ENI. Quest’ultima prospettiva ci porta dritti al tema della innovazione tecnologica e della ricerca scientifica, verso cui è necessario concentrare un maggiore e sostanziale impegno in termini di investimenti finalizzati, innanzitutto, allo sviluppo dell’idrogeno verde. Investimenti in ricerca che devono essere indirizzati anche in settori come le bioplastiche, tecnologia di cui l’Italia è leader ma che necessita di ulteriori sviluppi per garantire reali vantaggi di carattere ambientale. È fondamentale un indirizzo di sviluppo energetico chiaro e coraggioso, ciò che risulta mancare al Governo e al piano di investimento delle risorse del PNRR.
Che la Terra sia attualmente interessata da una tendenza al riscaldamento globale è un fatto, ma puntare troppo velocemente alla transizione energetica può essere devastante per lo sviluppo del continente. Occorre sicuramente investire nella produzione e nell’efficientamento con lo scopo di aumentare l’indipendenza energetica per non essere più in balia delle scelte (o dei ricatti) di stati extra-UE. Una sfida, la nostra, che ci vede agire con un grande senso di responsabilità per diversificare quanto più possibile le fonti di approvvigionamento, al fine di essere esposti il meno possibile agli improvvisi squilibri del mercato e garantirsi l’indipendenza in tale settore.
La forza di una nazione sta anche in questa indipendenza, in una energia libera.