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Una transizione verde macchiata di rosso. Danni per l'economia e l'ambiente - Terra dei Figli Blog
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Una transizione verde macchiata di rosso. Danni per l’economia e l’ambiente

Una transizione verde macchiata di rosso. Danni per l’economia e l’ambiente

È stata già definita come “transizione rossa” e non più verde, a rimarcare il contenuto prettamente ideologizzato e davvero poco votato alla salvaguardia dell’ambiente, delle iniziative che l’Unione Europa intende mettere in atto per fronteggiare il cambiamento climatico. In realtà sono stati gli stessi esponenti della variopinta galassia delle forze di sinistra presenti al Parlamento di Bruxelles che hanno voluto etichettare il pacchetto di misure approvato ieri in aula dipingendolo di rosso e togliendo così ogni alibi al tentativo di far passare le attività varate come frutto del lavoro dei paladini dell’ambiente.

COSA È ACCADUTO A BRUXELLES                                 

Con 439 voti a favore, 157 contrari e 32 astensioni, il Parlamento Europeo, nella seduta del 22 giugno, ha approvato appunto la revisione del sistema di scambio delle quote di emissione di gas serra in Ue (Ets), con i voti favorevoli di PPE, S&D, Renew e Verdi. In sostanza l’Europarlamento ha stabilito che il target 2030 di riduzione dei gas serra nei settori coperti dallo strumento degli ETS salga al 63% rispetto al 61% proposto in origine dalla Commissione. Un obiettivo più alto dovuto anche all’ampliamento degli ambiti inclusi nel mercato del carbonio, che ha visto includere ora anche il settorenavale, il trasporto stradale e gli edifici. E’ stato anche stabilito il ritiro più veloce delle quote ETS su base annua, un meccanismo chiave per tenere stabili i prezzi della CO2 e per incentivare seriamente l’industria a investire nella decarbonizzazione. La riduzione una tantum delle quote ETS gratis si allenta, invece di far sparire subito, nel 2024, 117 milioni di permessi, la riforma ETS ne ritirerà 70 mln quell’anno e altri 50 mln nel 2026.

Si tratta dell’atto legislativo contenuto nel cosiddetto pacchetto “Fit for 55“, in cui si decide che le quote gratuite nei settori Ets, coperte dal meccanismo Cbam (Carbon border adjustment mechanism), dovranno essere eliminate gradualmente a partire dal 2027, per poi scomparire entro il 2032. Il Cbam è un sistema di dazi climatici che verrà imposto su alcune merci provenienti da Paesi che non hanno regimi simili all’Ets europeo.

I proventi del sistema dovrebbero andare nel bilancio Ue, per ripagare i debiti del Next Generation EU.

La decisione segue la proposta di tagliare le emissioni abbattendo la vendita degli autoveicoli alimentati da combustibili fossili a partire dal 2035 contenuta nel pacchetto “fit 55“. Una proposta che trova molti dubbi in diversi Paesi, tra i quali l’Italia, dove l’automotive è un settore cruciale del tessuto economico.

LA BATTAGLIA DI FRATELLI D’ITALIA

La componente degli europarlamentari di Fratelli d’Italia, inserita nel gruppo dei Conservatori e Riformisti (ECR), ha espresso un voto contrario al pacchetto di misure sull’ambiente perché, come ha spiegato  l’europarlamentare Nicola Procaccini, responsabile del Dipartimento Ambiente ed Energia di Fratelli d’Italia, “ciò che è destinato ad accadere se il pacchetto Fit for 55 non sarà rivisto dal Consiglio europeo, è che verranno gravemente danneggiate le produzioni industriali europee senza alcun beneficio in termini ambientali. Le emissioni di CO2 (già oggi relativamente poche) prodotte all’interno della UE, saranno infatti prodotte in quantità persino maggiori al di fuori dell’Unione Europea. Inoltre, diventerà più difficile produrre energia, pregiudicando la nostra sicurezza”. Procaccini ha poi sottolineato che in tal modo “a poco servirà il Fondo sociale per il clima, che è stato approvato anche con il nostro voto favorevole, nel contenere l’impatto che tali misure avranno soprattutto sulle fasce più povere della popolazione europea”, per poi evidenziare il carattere ideologico contenuto in quel pacchetto: “La dichiarazione d’intenti della presidente del gruppo socialista Garcia Perez, di cui fa parte il Pd, di volere una “transizione verde dal cuore rosso” attraverso la votazione del pacchetto sul clima, purtroppo è diventata realtà. Le misure sulla riduzione di CO2, che sembravano poter essere approvate tenendo conto di un giusto equilibrio con la sostenibilità economica e sociale, si sono invece connotate di un socialismo ammantato da difesa dell’ambiente”.
Gli  europarlamentari di Fratelli d’Italia hanno evidenziato come le sinistre, e lo stesso PD,  siano vittime di una linea ideologica contorta che punta solo a sbandierare i più alti standard ambientali possibili sulla carta, senza però entrare nel merito delle cose e valutare le conseguenze reali su imprese e consumatori. In sostanza, fanno osservare, se è vero che il meccanismo di adeguamento di carbonio alle frontiere nasceva da un’idea positiva – vale a dire ridurre il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio incoraggiando i produttori di paesi terzi a rendere più ecologici i loro processi produttivi tramite l’imposizione dell’acquisto di certificati di carbonio alla frontiera corrispondenti al prezzo che sarebbe stato pagato se le merci fossero state prodotte nell’UE, si è finiti per creare un sistema deleterio. Che, anziché agire come protezione per le nostre industrie nei confronti della concorrenza sleale dei paesi terzi, finisce per incentivarne la delocalizzazione. Il meccanismo varato con il voto delle sinistre, infatti, dovrà essere pienamente attuato per una serie di settori industriali già entro il 2032, ovvero tre anni prima di quanto proposto dalla Commissione. Ma soprattutto, con la condizione che soltanto il 10% degli impianti europei più efficienti dispongano di un meccanismo di adeguamento delle esportazioni per ricevere assegnazioni gratuite per le emissioni legate all’esportazione dei loro prodotti: l’affossamento definitivo della stragrande maggioranza del comparto industriale italiano.

Il Gruppo ECR ha votato contro la riforma dell’Ets non perché schierato  contro il clima, hanno detto i rappresentanti di Fratelli d’Italia a Bruxelles, ma perché se il documento approvato dalla plenaria fosse applicato senza modifiche porterebbe alla delocalizzazione di molte industrie italiane. Di fatto converrebbe produrre all’estero dove il prezzo del carbonio non si paga e tutto questo va a condizionare il mercato e la concorrenza.

COSA PUÓ ACCADERE

Sarà ora il Consiglio, e quindi i governi dei singoli Stati della UE, a dover decidere sull’applicazione di queste misure con la possibilità di inserire eventuali correttivi. Sarà capace il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, di portare una posizione in contraddizione con la sua stessa maggioranza, in particolare con il PD? Ne dubitiamo. Ma così facendo, è bene che lo sappia l’ex numero uno di Bankitalia, si schiererà inevitabilmente contro il mondo industriale e produttivo del nostro Paese. Sarà capace di ascoltare il grido d’allarme di imprese e consumatori, coloro che più di tutti soffriranno gli effetti di riforme epocali per il settore industriale europeo nei prossimi anni, senza che vi siano adeguati meccanismi di protezione? È inconcepibile, infatti, che in nome di una cieca ideologia verde si impongano target di riduzione di emissioni per le nostre industrie pressoché irraggiungibili.

Il Parlamento UE si prepara ora alla fase negoziale con Commissione e Stati membri e con il pesante macigno dell’impronta rossa imposta dalla García Pérez Iratxe con la sua dichiarazione pervasa da ingiustificato furore ideologico: “Il pacchetto Fit for 55 è la risposta necessaria all’emergenza climatica, non solo perché questo Parlamento possa portare avanti questa proposta, ma anche per essere responsabili di un pianeta che non può più aspettare. Lo ripeto, dal gruppo S&D vogliamo lavorare per una transizione verde dal cuore rosso, e oggi facciamo un passo in più per renderlo possibile”


COSA È E COME FUNZIONA IL CBAM

Il Meccanismo di Adeguamento del Carbonio alla Frontiera (letteralmente Carbon Border Adjustment Mechanism – CBAM) approvato dal Consiglio dell’Unione europea, detto anche  “Carbon tax di frontiera”, prevede l’imposizione di un sovrapprezzo su alcune merci importate dagli Stati dell’Unione Europea e prodotte in Paesi esteri con alte emissioni di carbonio. In linea generale il provvedimento ha una finalità di carattere ambientale, tanto da essere inserito dalla Commissione europea a luglio 2021 nel suo pacchetto Fit for 55, tramite il pareggio in alcuni settori chiave dell’economia del prezzo del carbonio tra i prodotti europei e le importazioni. In realtà, però, la misura ha anche altri risvolti, a cominciare da quello di evitare il rischio di rilocalizzazione delle attività in paesi esteri in cui le norme ambientali sono meno rigide e, quindi, i costi di produzione più bassi.

In sostanza, il meccanismo UE prevede che gli importatori europei acquistino certificati di carbonio corrispondenti al prezzo della CO2 pagato se la produzione fosse avvenuta nell’Unione (il prezzo dei certificati sarà calcolato in base al prezzo medio settimanale d’asta delle quote EU ETS espresso in €/tonnellata di CO2 emessa). Se il produttore non-UE ha già pagato un prezzo per le sue emissioni, chi importa può detrarre integralmente il costo corrispondente.

Secondo quanto previsto dall’iter in corso, l’introduzione del CBAM dovrebbe avvenire gradualmente, con applicazione prevista in una fase iniziale solo per un numero selezionato di beni ad alto rischio di rilocalizzazione delle emissioni: ferro e acciaio, cemento, fertilizzanti, alluminio e produzione di elettricità. Nel periodo 2023-2025 entrerebbe in vigore un sistema semplificato, mentre il meccanismo entrerebbe a tutti gli effetti in funzione dal 2026.

Per importare nell’UE merci coperte dal CBAM, le imprese dovranno dichiarare entro il 31 maggio di ogni anno la quantità di merci e le emissioni incorporate in tali merci importate nell’UE nell’anno precedente. Allo stesso tempo, dovranno consegnare alle autorità i certificati CBAM che hanno acquistato in anticipo.

Fabio Benvenuti