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EUROPA CON DIVIETO MOTORI TERMICI FA UN FAVORE A CINA E INDIA - Terra dei Figli Blog
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EUROPA CON DIVIETO MOTORI TERMICI FA UN FAVORE A CINA E INDIA

EUROPA CON DIVIETO MOTORI TERMICI FA UN FAVORE A CINA E INDIA

Il nuovo corso green dell’Europa ha partorito una serie di provvedimenti che non è affatto esagerato definire cervellotici e zeppi di furore ideologico, che ben poco hanno a che fare con la necessaria esigenza di difendere l’ambiente. Tra i tanti partoriti dalla commissione in questi anni, un posto certamente di rilievo lo occupa il regolamento recentemente approvato dall’Europarlamento che impone il divieto di vendita di motori endotermici dal 2035 in tutto il continente.

Il provvedimento prevede solo una deroga per i motori che vengono alimentati da carburanti sintetici, come chiedeva la Germania, mentre per ora vengono esclusi dalla deroga i biocombustibili, come invece chiedeva il nostro paese. Ma al di là di questi dettagli la questione merita un ulteriore approfondimento, sulle conseguenze e sul merito di una decisione, che se di principio va nella direzione auspicabile di ridurre le emissioni nell’ambiente, nella forma e nei metodi può comportare un danno rilevante per imprese e famiglie europei. “Restiamo convinti che l’arco temporale previsto metterà a rischio non solo la competitività delle imprese italiane ed europee, ma soprattutto decine migliaia di posti di lavoro in tutta Europa, a vantaggio dei competitors internazionali, principalmente cinesi, i quali hanno anche la leadership tecnologica sulle batterie che alimentano i veicoli a zero emissioni”. Ha infatti detto in merito alla decisione presa dalla Commissione europea, il presidente di Federauto, Adolfo De Stefani Cosentino, per il quale “solo un approccio più graduale e pragmatico ma soprattutto meno ideologico, verso la ‘rivoluzione elettrica’, fondato su un mix di tecnologie neutrali consentirebbe di raggiungere l’obiettivo di decarbonizzazione dei trasporti su strada di merci e persone, in maniera sostenibile ed efficace”.

E tutto ciò come da tempo il gruppo dei conservatori al parlamento europeo cerca di spiegare, con l’aggravante, per paradosso, che i principali beneficiari di questa situazione, sarebbero Cina ed India, che rispettivamente sono il primo e il terzo paese in termini di emissioni di Co2 nell’aria. La Cina è di gran lunga il primo produttore al mondo di veicoli elettrici producendo oltre la metà di tutte le auto elettriche circolanti (circa 5,3 milioni su 10 milioni di auto vendute in totale). Nei primi tre mesi del 2023, la Cina ha esportato un totale 1,07 milioni di auto elettriche, con un incremento del 58% rispetto all’anno scorso. Proprio per questo un recente articolo del Financial Times definiva la produzione di batterie al litio, come la nuova corsa all’oro dei cinesi, sovvenzionata ampiamente dallo Stato cinese. Dei primi 10 produttori globali di batterie, stando ai dati di SNE research, cinque sono cinesi e controllano il 59% della produzione totale. Un dato impressionante, anche alla luce del fatto che tra i primi tre produttori ci sono la cinese CATL (37%), la sudcoreana LG (13,6%) e la cinese BYD (13,6%). l’India che cerca di recuperare terreno sul gigante cinese, nel 2022 ha approvato un piano di aiuti da oltre 3 miliardi di dollari per sviluppare progetti di produzione di batterie al litio.

Nel 2022 sono state prodotte oltre 1 milione di auto con un aumento del 300% rispetto al 2021. Alcuni media sostengono che anche grazie a politiche ad hoc, come il portentoso “the Faster Adoption and Manufacturing of Electric Vehicles (FAME) scheme”, lanciato nel 2019 e prorogato fino alla fine del 2024, che prevede un piano di incentivi alla produzione all’acquisto di motori elettrici, la produzione di veicoli elettrici possa raggiungere la cifra di 17 milioni di veicoli nel 2030. Insomma una soluzione quella scelta dall’Europa sbagliata nei modi e nei tempi e che non sortisce nemmeno l’effetto sperato, ma solo aumenta la dipendenza delle economie europee a quella cinese, che certo non può essere presa ad esempio in quanto a sforzi verso una transizione ecologica più sostenibile. “Un adeguato futuro della mobilità passa per maggiore equilibrio e gradualità nell’adozione di misure per combattere i cambiamenti climatici.

Nel trasporto si deve andare sempre più verso fonti energetiche pulite e rinnovabili, penso anche all’utilizzo dell’idrogeno e dei biocarburanti, ma dobbiamo farlo in maniera graduale e pianificata. Non possiamo commettere l’errore di ridurci a dipendere totalmente da Paesi, come la Cina, che hanno per esempio il quasi monopolio dei materiali e dei componenti per produrre e far funzionare le macchine elettriche, dalle batterie ai microchip”. sostiene Nicola Procaccini, copresidente dell’ECR al parlamento europeo. Le politiche ambientali sulla mobilità dovrebbero essere graduali e puntare su un rafforzamento del trasporto pubblico e soprattutto dovrebbe essere il più tecnologico neutrale possibile, dando risalto al risultato e non alla tecnologia utilizzata per arrivarci. Il settore auto è importante per l’economia italiana e, nell’intera filiera, occupa circa 300.000 addetti, con un fatturato pari al 6,2% del Pil italiano. In tutta Europa nel settore sono impiegate ben 12 milioni di persone, che sono il 7% dell’intera forza lavoro del continente. Secondo alcune stime sarebbero a rischio ben 70.000 posti di lavoro nel settore automotive a causa del divieto.

Ma la speranza è che il nuovo parlamento e la nuova maggioranza che uscirà del voto del 9 giugno 2024 possa adottare utili modifiche prima della verifica intermedia prevista nel 2026. Inserire i biocarburanti tra i combustili permessi al pari degli e-fuels, soluzione proposta dal governo italiano ed auspicata anche da altri membri della Unione, sarebbe un primo importante passo nella direzione giusta.

Vincenzo Caccioppoli