La nostra sfida, il nostro ruolo, il nostro impegno
La conservazione del patrimonio naturale è un elemento fondamentale dell’identità politica di noi conservatori. Non c’è nulla di più “di destra” dell’ecologia. La destra ama l’ambiente perché ama il territorio, l’identità, la Patria. Conservare l’ambiente vuol dire conservare e tramandare ai nostri figli i luoghi dove siamo nati, farli conoscere e difenderli.
È una lunga storia quella che lega la destra all’ecologia che, come testimonia l’origine etimologica della parola, è strettamente connessa al tema della “casa”. È amore per la propria casa, per il proprio giardino. Il conservatore ama, difende l’ambiente nella misura in cui difende la sua patria. Quindi non riguarda solo i grandi temi planetari ma è qualcosa che ha più a che fare con l’identità locale. Proprio l’amore per l’ambiente è il primo passo per formare e coltivare il senso di appartenenza.
Certo, la nostra visione non si esaurisce negli slogan fini a sé stessi tipici di certa sinistra. A differenza dell’ambientalismo ideologico noi non riteniamo che la presenza dell’uomo e delle sue attività siano in contrasto con la difesa dell’ambiente.
Nella nostra visione l’uomo è il custode del Creato, che gode della bellezza in cui è immerso e sente il dovere esistenziale di proteggerla e consegnarla a chi gli sopravvivrà. Il nostro è un atteggiamento idealista e pragmatico nello stesso tempo, che tiene insieme l’amore per la Natura, la conservazione dei nostri paesaggi e la difesa della vita.
Oggi la sfida che abbiamo davanti è coniugare ambiente e crescita economica. Crediamo che le imprese debbano essere accompagnate verso la transizione ecologica. Su questo è giusto porsi degli obiettivi, anche ambiziosi, a patto però che quegli obiettivi siano realistici. La transizione deve essere graduale e imporla a colpi di nuovi oneri alle aziende è un errore che produce altra povertà e perdita di posti di lavoro. Il pensiero conservatore nel quale ci riconosciamo non pensa che per difendere l’ambiente si debbano fermare le attività umane.
La tecnologia può darci una grossa mano nel sostenere l’ambiente, senza pregiudicare la qualità della vita e senza pregiudicare il benessere delle nostre esistenze. Esiste, ad esempio, un’agricoltura di precisione che dobbiamo incentivare e sostenere perché migliora quantità e qualità dei prodotti ortofrutticoli, garantendo contemporaneamente una riduzione nei consumi idrici e nell’uso dei fitofarmaci. E poi il paesaggio, come fattore identitario e di attrattività turistica, che va preservato senza alcun tipo di ideologismo. Sono tutti temi che i conservatori pongono da sempre e che continueranno a mettere al centro del dibattito. Purtroppo l’approccio della Commissione europea in questi anni, più che puntare sulla riconversione verso il green ha mirato a colpire la produzione, che è un’altra cosa. Penso che la scelta più green che l’Europa possa fare è quella dei “dazi di civiltà”: dazi d’importazione per nazioni che non rispettano i nostri stessi standard ecologici, ma direi anche umani e sociali.
Le direttive entro cui deve operare un conservatorismo verde sono essenzialmente tre: il rapporto tra uomo e natura senza dimenticare la nostra identità e tradizione, la necessità di coniugare le esigenze della natura con quelle dello sviluppo economico e sociale e infine la tutela della vita, a cominciare da quella custodita nel grembo di una donna.
Ecco, questo è il nostro ruolo e questo è il nostro impegno.