IL NUOVO REGOLAMENTO SUGLI IMBALLAGGI RIPORTA L’EUROPA INDIETRO DI DECENNI
La scorsa settimana in commissione Agri a Bruxelles, si è votato su un controverso provvedimento della Commissione europea che, cosi come il nature restoring law, se approvato, potrebbe mettere in serie difficoltà migliaia di imprese italiane ed europee. Si tratta di un provvedimento che sempre all’interno del Green deal europeo, vorrebbe modificare le regole fino a qui adottate ed approvate dalla stessa Europa in materia di riciclo e di economia circolare. In base al nuovo Regolamento, infatti, gli Stati membri dell’UE devono ridurre i rifiuti da imballaggi del 5% entro il 2030. Entro la fine del 2025, il 65% di tutti i rifiuti di imballaggio dovrebbe essere riciclato, compreso il 50% di plastica, il 50% di alluminio, il 70% di vetro, e il 75% di carta e cartone. Ma se come l’intento può essere considerato apprezzabile e condivisibile sono le modalità per arrivarci che alimentano dubbi e discussioni in operatori del settore ed imprese.
La prima cosa che lascia perplessi è la decisione di usare il veicolo legislativo del regolamento molto più stringente rispetto ad una direttiva per i paesi membri che la dovrebbero adottare. In parole povere la Commissione impone di raggiungere determinati standard a determinate condizioni, senza tenere conto delle differenze regionali ed economiche dei singoli Stati. In Germania, ad esempio, da decenni vengono raggiunti obiettivi di riutilizzo delle bottiglie per bevande superiori al 40%. La Spagna ha recentemente approvato una legislazione innovativa per quanto riguarda il packaging e la vendita sfusa. Nei Paesi Baltici è molto diffuso il deposito su cauzione delle bottiglie di birra. In Italia, invece, nonostante la raccolta differenziata sia tra le migliori in Europa, il sistema del riutilizzo e del vuoto a rendere sono poco sviluppati. Questo perché il nostro paese è uno dei più virtuosi nell’economia circolare e nel riciclo dei rifiuti, cosi come aveva indicato la stessa Europa fin dal lontano 1993.
Ora invece tutto da rifare, perché quello che si dovrebbe adottare non è più il riciclo, ma il riuso, con tutti i problemi anche dal punto di vista igienico sanitari, che questo comporta, almeno per quanto riguarda gli imballaggi alimentari. “In Italia è stato infatti conseguito un tasso di riciclo degli imballaggi per oltre il 70%, raggiungendo, con anni di anticipo, gli obiettivi previsti dall’Europa con la medesima percentuale per il 2030”, si legge in una recente relazione a proposito di Confcommercio. “Inoltre, il packaging alimentare rappresenta un elemento fondamentale per la tutela dell’integrità dell’alimento”, si legge ancora. “Se tale impostazione venisse confermata, danni ingenti ricadrebbero, ad esempio, sulla filiera alimentare in quanto gli imballaggi alimentari in generale, inclusi quelli monouso che sono tra i più direttamente colpiti da questo approccio, sono fondamentali per la protezione e conservazione degli alimenti, l’informazione al consumatore, la tracciabilità e l’igiene dei prodotti, permettendone anche la commercializzazione e l’export”. Fortuna che almeno su questo punto il voto in commissione Agri della settimana scorsa, ha certamente migliorato il testo originario, come afferma Nicola Procaccini, che è membro della Commissione. “In particolare sono passati emendamenti che eliminano il riferimento al divieto di packaging monouso per frutta e verdura sotto a 1,5 kg; il punto che prevedeva obiettivi di riuso e refill per il vino; gli obblighi di percentuale minima di packaging riutilizzabile per bevande calde e fredde, incluso nel settore Horeca; è stata garantita la protezione dei prodotti a proprietà intellettuale registrata (IG), esentandoli da tutti gli obblighi di minimizzazione e standardizzazione degli imballaggi”. Ma la strada da percorrere per arrivare ad un testo condiviso e che possa soddisfare tutti gli attori in campo è ancora lungo e controverso, come l’aspetto del regolamento che vorrebbe sottovalutare importanza del riciclo e dell’economia circolare.
E questo riguarderebbe molto da vicino proprio il nostro paese, che è diventato leader in Europa nell’economia circolare e del riciclo, grazie ad una filiera capace di generare ricchezza e lavoro, con 6,3 milioni di occupati e un fatturato 1.850 miliardi di euro. Senza contare che il nostro paese ha deciso di investire circa 2,1 miliardi del PNRR proprio sulla economia circolare. Inoltre anche dal punto di vista ambientale gli effetti di un simile provvedimento non sembrerebbero cosi migliorativi, come vorrebbe far credere la commissione europea. Il riuso, infatti, come previsto da questo regolamento richiederebbe un consumo di acqua di 228 volte superiore a quello attuale, senza contare l’aumento di emissioni di CO2 nell’aria maggiori di 2,8 volte. Insomma, oltre al danno pure la beffa, sarebbe il caso di dire.