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IL PARADOSSO GREEN EUROPEO: FAVORIRE I GRANDI INQUINATORI CINESI E INDIANI - Terra dei Figli Blog
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IL PARADOSSO GREEN EUROPEO: FAVORIRE I GRANDI INQUINATORI CINESI E INDIANI

IL PARADOSSO GREEN EUROPEO: FAVORIRE I GRANDI INQUINATORI CINESI E INDIANI

Tra le tante stranezze del nuovo corso green della Commissione europea, capitanata dal commissario e vicepresidente Frans Timmermans, ne esiste una che rappresenta in maniera chiara come il progetto Green deal sia sbagliato sia nella forma che nella sostanza. È evidente, infatti, che decisioni come quella di vietare i motori termici o come quella di costringere tutte le case ad essere ad emissioni zero entro il 2028, siano un vero e proprio regalo a chi come India e soprattutto Cina, stanno costruendo un vero e proprio business su queste discutibili decisioni della commissione europea. Sul Sole 24 Ore del 23 agosto è stata dedicata un’intera pagina all’evoluzione della produzione ed esportazione dei pannelli fotovoltaici grazie anche ai dati resi disponibili dall’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), che descrivono la condizione di sostanziale monopolio delle grandi aziende cinesi acquisita nel corso degli anni Duemila.

Un posizionamento che investe tutta la filiera della produzione: dalla trasformazione della materia prima lavorata, il silicio policristallino (90% sul totale mondiale), passando alla fornitura dei wafer, i materiali indispensabili per il funzionamento dei microchip (97%), fino all’assemblaggio e alla vendita dei pannelli fotovoltaici. Per un volume di impianti installati in grado di soddisfare l’intero fabbisogno mondiale. Negli ultimi due anni (2021-22), le esportazioni di materie prime, componenti e pannelli, sono aumentate del 200%. Il fatto che la Cina sia in assoluto il primo inquinatore del mondo, dovrebbe far riflettere assai chi pensa che in Europa sia sufficiente adottare regole ambientali stringenti per migliorare la sostenibilità ambientale.

“Noi conservatori europei chiediamo a Bruxelles un passo di cambio nelle politiche energetiche ed ambientali – dice Nicola Procaccini copresidente del gruppo Ecr al parlamento europeo – Pechino ha il monopolio in ogni componente della catena, nelle materie prime e nel solare. E tutto questo è proprio finanziato dalla Ue.” Nei primi tre mesi del 2023, la Cina ha esportato un totale 1,07 milioni di auto elettriche, con un incremento del 58% rispetto all’anno scorso. Proprio per questo un recente articolo del Financial Times definiva la produzione di batterie al litio, come la nuova corsa all’oro dei cinesi, sovvenzionata ampiamente dallo Stato cinese. Dei primi 10 produttori globali di batterie, stando ai dati di SNE research, cinque sono cinesi e controllano il 59% della produzione totale. Un dato impressionante, anche alla luce del fatto che tra i primi tre produttori ci sono la cinese CATL (37%), la sudcoreana LG (13,6%) e la cinese BYD (13,6%). L’India, che cerca di recuperare terreno sul gigante cinese, nel 2022 ha approvato un piano di aiuti da oltre 3 miliardi di dollari per sviluppare progetti di produzione di batterie al litio. Nel 2022 sono state prodotte oltre 1 milione di auto con un aumento del 300% rispetto al 2021.

Alcuni media sostengono che grazie a politiche ad hoc, come il portentoso “the Faster Adoption and Manufacturing of Electric Vehicles (FAME) scheme”, lanciato nel 2019 e prorogato fino alla fine del 2024 che prevede grandi incentivi alla produzione all’acquisto di motori elettrici,  la produzione di veicoli elettrici possa raggiungere la cifra di 17 milioni di veicoli nel 2030. Insomma le politiche energetiche fino ad ora promosse dalla Commissione europea rischiano non solo di far pagare il conto ad aziende e famiglie europee, ma rischiano anche di essere inefficaci perché paradossalmente aiutano economie, come quella cinese, che da sola produce circa il 33% delle emissioni di C02 del pianeta e quella indiana che è la terza nazione, dopo appunto Cina e Stati Uniti, a produrre più C02 sulla terra.

Vincenzo Caccioppoli