Top
PASSA LA FOLLIA GREEN DEL RIPRISTINO DELLA NATURA: SCHIAFFO IN FACCIA AL MONDO AGRICOLO - Terra dei Figli Blog
fade
5165
post-template-default,single,single-post,postid-5165,single-format-standard,eltd-core-1.2.1,flow child-child-ver-1.0.1,flow-ver-1.6.3,,eltd-smooth-page-transitions,ajax,eltd-blog-installed,page-template-blog-standard,eltd-header-type2,eltd-sticky-header-on-scroll-up,eltd-default-mobile-header,eltd-sticky-up-mobile-header,eltd-dropdown-default,eltd-header-style-on-scroll

PASSA LA FOLLIA GREEN DEL RIPRISTINO DELLA NATURA: SCHIAFFO IN FACCIA AL MONDO AGRICOLO

PASSA LA FOLLIA GREEN DEL RIPRISTINO DELLA NATURA: SCHIAFFO IN FACCIA AL MONDO AGRICOLO

PASSA LA FOLLIA GREEN DEL RIPRISTINO DELLA NATURA: SCHIAFFO IN FACCIA AL MONDO AGRICOLO

La sinistra europea ha dimostrato ancora una volta la sua miopia di fronte a quelle che sono le rivendicazioni del mondo agricolo, che sta protestando da mesi contro le assurde regole imposte al settore dal Green deal. Due settimana fa,  a Strasburgo è passata per soli 54 voti di scarto la famigerata legge sul Ripristino della Natura. Si tratta di uno dei provvedimenti più contestati del Green Deal, voluto dall’ex vice presidente della Commissione, UE Frans Timmermans,  e che è passato in parlamento  con 329 sì, 275 no e 24 astenuti. La nuova legge fissa l’obiettivo UE di ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marittime entro il 2030, e il 100% degli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050. In concreto, ciascun paese dovrà ripristinare gli habitat previsti dalla nuova legge, cioè: foreste, praterie, zone umide, fiumi, laghi e fondali corallini. Con degli obiettivi intermedi. Entro il 2030 almeno il 30% di quelli oggi catalogati come in stato di degrado dovranno passare a uno stato di conservazione buono. La percentuale dovrà poi salire al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050.

La priorità dovrà essere data alle aree coperte dai siti Natura 2000 fino al 2030. Una volta raggiunto lo stato di conservazione buono, i Ventisette dovranno assicurarsi che non si verifichino nuovi degradi degli habitat. E per farlo dovranno elaborare dei piani nazionali dettagliati da presentare alla Commissione UE. Insomma, un vero e proprio colpo al cuore, l’ennesimo forse occorre dire, al mondo agricolo. E poi ci si stupisce se i trattori invadono le città di mezza Europa, malgrado la fiera opposizione delle forze di centrodestra, che nei mesi hanno contribuito a mitigare le assurde regole imposte da quello che appare una norma intrisa di ambientalismo di maniera e ideologico. Durissimo il commento del copresidente dell’Ecr Nicola Procaccini in una nota congiunta con il capo delegazione di Fratelli d’Italia al Pe, Carlo Fidanza; “Sgomento ed incredulità per il voto del Parlamento europeo a favore della legge sul Ripristino della NATURA. Seppure per pochi voti è passata la somma teologica del commissario Frans Timmermans, a partire dal presupposto che gli esseri umani sono dannosi per la natura, da cui vanno espulsi drasticamente”. Ma qualche tempo fa era stato altrettanto duro anche il ministro del Made in Italy Adolfo Urso, che aveva definito la legge una follia ideologica. “E’ un provvedimento dell’anteguerra. E’ stato elaborato prima della pandemia, quando sono mancate le materie prime e prima della guerra russa in Ucraina. Oggi la Russia ci ha detto che blocca l’export sul grano e questo significa che il grano fa parte della guerra ibrida che hanno scatenato contro di noi. E cosa facciamo? Diciamo agli agricoltori di produrre di meno. E’ una follia”. In effetti questa legge sembra proprio fatta apposta per far ulteriormente salire la tensione proprio da parte di chi, come gli agricoltori, sente su di sé il peso di norme che sembrano fatte ad arte per colpire un settore già duramente colpito dal caro energia e dal conflitto in Ucraina. L’anno scorso la legge è stata oggetto di una feroce campagna di opposizione da parte soprattutto  dei conservatori, supportati in parte dal Partito popolare, che però al voto si è spaccato. il Gruppo del’Ecr, di cui fa parte Fratelli d’Italia, ha ripetutamente affermato che la legge avrebbe minacciato i mezzi di sussistenza degli agricoltori europei, interrotto catene di approvvigionamento consolidate, diminuito la produzione alimentare, fatto aumentare i prezzi per i consumatori e persino cancellato le aree urbane per far posto a spazi verdi.

Le argomentazioni del Ppe sono state fortemente contestate da gruppi di sinistra, dalla Commissione europea, da decine di Ong, da migliaia di scienziati del clima, dall’industria delle rinnovabili e da grandi aziende come Ikea, H&M, Iberdrola, Unilever, Nestlé e Danone, che hanno insistito sul fatto che l’obiettivo di ripristinare la natura è compatibile con l’attività economica ed è essenziale per garantire la vitalità a lungo termine dei suoli europei. E il fatto che a supportare la legge siano proprio le grandi multinazionali del food certo lascia quantomeno interdetti. Perché come diceva qualcuno a pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca. Insomma, sembra sempre più evidente che  questa Europa,  come visto nel caso della Pac appena approvata, mostri nelle sue politiche agricole un maggiore riguardo verso i grandi produttori, a scapito invece delle piccole aziende a conduzione famigliare. Se non si ferma questo stato di cose, si rischia quello che il Green deal sembra voler perseguire, la scomparsa dei piccoli agricoltori, che nella natura ci vivono e lavorano da generazioni, con tutte le nefaste conseguenze sulla conservazione dei territori che esso comporterà. Più che di ripristino si tratterà allora di un totale abbandono e degrado della natura.

Vincenzo Caccioppoli