NUCLEARE E GAS NATURALE: L’EUROPA LITIGA SUL FUTURO ENERGETICO
Il futuro energetico dell’Europa è sempre più al centro degli interessi e delle programmazioni di Bruxelles, chiamata ad adottare decisioni importanti tali da condizionare le scelte di politica economica e sociale dei singoli Stati. In questo inizio di 2022 il dibattito sulla transizione energetica è esploso fino a guadagnarsi l’attenzione massima dei media internazionali e a scatenare infuocate polemiche.
Cerchiamo di capire perché.
Proprio nelle ultime ore a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno, la Commissione europea, al termine di un lungo processo di valutazione, ha inviato agli Stati membri la bozza aggiornata del cosiddetto regolamento sulla tassonomia, che inserisce gas naturale ed energia nucleare nell’elenco delle tecnologie verdi ai fini della finanza sostenibile.
In sostanza, a seguito di un apposito iter in corso, energia nucleare e gas naturale potrebbero essere considerati dall’Europa fonti green utili ad accelerare il percorso verso l’obiettivo zero emissioni. La bozza di piano elaborata dalla Commissione dovrà però avere il sostegno della maggioranza degli Stati membri, prima di entrare in vigore dal 2023. Gli stessi Stati sono ora chiamati ad esprimere un parere entro il 12 gennaio, e la Commissione Ue dovrebbe pubblicare la sua proposta definitiva entro gennaio. Il testo sarà poi sottoposto all’esame del Consiglio e Parlamento Ue, che avranno quattro mesi più due di possibile proroga per analizzarlo ed eventualmente respingerlo. Il Consiglio avrà il diritto di opporsi a maggioranza qualificata rafforzata (il che significa che per bloccarlo è necessaria l’opposizione di almeno il 72% degli Stati membri, ossia almeno 20 Paesi che rappresentino almeno il 65% della popolazione dell’UE). Per l’Europarlamento basterà invece la maggioranza semplice (ossia almeno 353 deputati in plenaria). L’obiettivo della Commissione è far entrare in vigore la mappa verde delle fonti energetiche il primo gennaio 2023.
Vediamo innanzitutto quali sono queste condizioni che l’UE ha definito per inserire il gas e l’energia nucleare tra le tecnologie verdi, per poi evidenziare le ragioni di tale provvedimento e vedere le reazioni e gli schieramenti dei vari Stati membri della UE.
COSA PREVEDE IL DOCUMENTO UE
La bozza elaborata dalla Commissione europea prevede riguardo all’energia nucleare che gli investimenti nelle centrali siano considerati come “green” se i progetti stessi presentino un definito piano di sviluppo, appositi fondi e il sito di stoccaggio dei rifiuti radioattivi. Occorre inoltre che i progetti stessi abbiano ricevuto i rispettivi permessi di costruzione prima del 2045. La classificazione così considerata comprende anche gli impianti nucleari già esistenti, considerando attività verde anche l’estensione del ciclo di vita “in considerazione dei tempi lunghi per gli investimenti in nuova capacità di generazione nucleare”. Tali estensioni, però, devono includere modifiche e miglioramenti in termini di sicurezza.
Per ciò che concerne il gas naturale, per considerare verdi gli investimenti nel gas le nuove centrali devono obbligatoriamente sostituire impianti più inquinanti, producendo emissioni inferiori a 270 g di CO2eq per kWh, e nel contempo ricevere le autorizzazioni necessarie entro il 31 dicembre 2030. Secondo quanto stabilito dalla bozza elaborata da Bruxelles, inoltre, la capacità produttiva del nuovo impianto non deve superare di oltre il 15% la capacità di quello sostituito e dimostrare di essere tecnicamente compatibile anche con il “gas a basse emissioni“. I piani devono prevedere impegni ad utilizzare “almeno il 30% di gas rinnovabili o low carbon a partire dal 1° gennaio 2026”; passando al 55% a partire dal 1° gennaio 2030 e completando la transizione entro il 31 dicembre 2035.
COSA C’E’ ALLA BASE DELLA DECISIONE UE
Nelle motivazioni espresse, la Commissione europea parla di “un approccio pragmatico e realistico” riguardo l’inserimento di gas e nucleare tra le fonti per gli investimenti verdi. In sostanza, la Commissione sta classificando queste fonti energetiche “solo per un periodo di tempo definito e nella misura in cui contribuiscono alla transizione verso la neutralità climatica e non danneggiano in modo significativo l’ambiente”, come ha spiegato un funzionario UE all’agenzia di stampa “Lapresse”. La decisione, cioè, sarebbe maturata a seguito di ampi pareri degli esperti, poiché non c’erano altre strade possibili nel breve periodo per facilitare la transizione verso la neutralità climatica e quindi raggiungere gli obiettivi del Green Deal. In sostanza, gas naturale ed energia nucleare rappresenterebbero le fonti da inserire in quel mix energetico in grado di garantire il definitivo passaggio a un sistema energetico prevalentemente rinnovabile o comunque a basse emissioni di carbonio, consentendo così alla UE di cogliere gli ambiziosi obiettivi di ridurre notevolmente le emissioni prima parzialmente, entro il 2030, e poi definitivamente entro il 2050.
“Tenendo conto dei pareri scientifici e degli attuali progressi tecnologici, nonché delle diverse sfide di transizione tra gli Stati membri, la Commissione ritiene che il gas naturale e il nucleare abbiano un ruolo come mezzi per facilitare la transizione verso un futuro prevalentemente basato sulle energie rinnovabili“, ha scritto Bruxelles in una nota stampa. “Nel quadro della tassonomia, ciò significherebbe classificare queste fonti energetiche a condizioni chiare e rigorose, […] affinché contribuiscono alla transizione verso la neutralità climatica”.
La Commissione mette avanti anche il parere del suo Centro comune di ricerca (Jrc), che in un rapporto ha concluso che: “l’energia nucleare può dare un contributo sostanziale all’obiettivo di mitigazione dei cambiamenti climatici e nel frattempo non arreca danni significativi agli altri quattro obiettivi ambientali del regolamento sulla tassonomia, purché soddisfi i criteri di vaglio tecnico proposti”. E cita i “depositi geologici profondi”, che possono essere considerati “mezzi appropriati e sicuri per isolare il combustibile esaurito e altri rifiuti radioattivi ad alta attività dalla biosfera per tempi molto lunghi”.
Secondo molti osservatori, inoltre, la definizione della tassonomia green è fondamentale anche in ottica investimenti: con il marchio “green”, progetti industriali e infrastrutturali possono risultare molto più attrattivi per i capitali privati.
LE POSIZIONI DEI PAESI MEMBRI
Ma, come era ampiamente prevedibile, la decisione della UE ha scatenato forti polemiche negli Stati membri, portando in primo piano anche fondamentali questioni di geopolitica.
Lo schieramento vede nazioni come la Francia, la Repubblica ceca e la Finlandia che contano fortemente sul nucleare, sostenere la bozza emanata dalla Commissione UE. La Francia, del resto, genera circa i due terzi della sua energia elettrica tramite i suoi reattori. Per garantirsi l’ok al nucleare i transalpini hanno stretto un patto con i Paesi dell’est, ammettendo che il gas naturale possa essere considerato verde, anche se in transizione.
Di contro, Paesi come il Lussemburgo, la Spagna, la Germania e l’Austria si sono già dichiarati fortemente contrari, almeno inizialmente, avendo avviato le procedure per dire addio definitivamente alle centrali nucleari. In Germania, che ha appena spento tre delle sei centrali nucleari del Paese, il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck ha parlato addirittura di operazione di greenwashing da parte della UE.
Un vero braccio di ferro, dunque, è in atto tra Francia e Germania con il governo di Emmanuel Macron che spinge attraverso il piano France Relance su nuove centrali di ultima generazione, mentre Berlino col nuovo governo Spd-Verdi-Liberali intende accelerare i progetti di dismissione del nucleare. Una situazione, quella tedesca, resa ancor più complessa dalla evoluzione del quadro politico interno e l’abbandono del progetto del grande gasdotto Nord Stream 2, sul quale la ormai ex Cancelliera Angela Merkel aveva impostato una strategia volta a rendere la Germania l’hub nord-europeo del gas. Una mossa per sostituire gradualmente il nucleare e il carbone con il gas e le rinnovabili e aprire dunque alla sicurezza energetica nazionale. Ma la presenza dei Verdi nel nuovo governo tedesco, ha bloccato il progetto del gasdotto con la Russia e segnato un’accelerazione sull’uscita dal nucleare. Sul gas naturale, invece, anche la Germania appare d’accordo con i programmi UE: Berlino prevede di fare affidamento sul gas naturale fino a quando non potrà essere sostituito da fonti energetiche non inquinanti, come l’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili. Dopo l’iniziale, forte opposizione alla bozza di Bruxelles riguardo l’energia nucleare, Berlino ha poi ammorbidito la sua posizione lasciando intravedere spiragli di trattativa.
Secondo quanto pubblicato dall’Huffington Post, nel 2021 le sei centrali nucleari hanno contribuito a circa il 12% della produzione di elettricità in Germania. Il mix energetico tedesco è costituito da un 41% di rinnovabili, dal 28% di carbone e dal 15% di gas. Entro il 2030 la Germania punta a soddisfare l′80% di domanda di energia con le rinnovabili.
Per la Francia, invece, secondo i dati Eurostat del 2019 il 77,6% dell’energia prodotta arriva dall’atomo e solo il 20% da rinnovabile. Sempre secondo l’HuffPost, la produzione di energia primaria nell’Ue nel 2019 è stata distribuita tra varie fonti energetiche, la più importante delle quali in termini di entità del suo contributo sono state le rinnovabili, con oltre un terzo (36,5%) del totale. Secondo posto per il nucleare, con il 32,0% della produzione totale di energia primaria, con la Francia in testa, seguita dal Belgio (77% della produzione domestica 2019) che tuttavia si avvia ad abbondare il nucleare come la Germania. Tutta la produzione di energia europea non basta comunque a soddisfare il suo fabbisogno: più della metà dell’energia europea viene importata e quindi il tasso di dipendenza energetica dell’Ue supera il 50%.
In questo quadro spicca il silenzio dell’Italia, che non ha ancora espresso una sua posizione ufficiale anche se il ministro per la Transizione energetica, Roberto Cingolani, non perde occasione per strizzare l’occhio al cosiddetto nucleare di quarta generazione (al momento, però, si parla ancora di nucleare di terza generazione e non di quarta, cioè la fusione senza scorie che gli esperti credono possa avere un ruolo su scala industriale non prima della metà del secolo). Giocano a sfavore del nucleare soprattutto la pericolosità dei rifiuti radioattivi e i lunghi tempi per costruire nuove centrali, certamente tempi non funzionali a garantire una efficace transizione nei tempi necessari. Al gas naturale l’Italia guarda con interesse, avendo grandi giacimenti di metano inutilizzati, specie nel Mar Adriatico, ma il governo non si è pronunciato sulle necessità di dare forte impulso alla ripresa delle estrazioni.