LA CONTRAFFAZIONE CHE INQUINA, LA TECNOLOGIA AL SERVIZIO DELLE IMPRESE PER LIMITARE L’IMPATTO AMBIENTALE
La moda che inquina: si, una “certa” moda, quella che investe il vastissimo fenomeno della contraffazione. Che non è soltanto una questione di carattere economico, con le enormi conseguenze dannose per il settore e per le singole aziende e brand che hanno nella originalità del loro marchio l’elemento distintivo e il valore aggiunto dei prodotti, ma ora è anche una questione di carattere ambientale. Senza contare l’ambito dello sfruttamento del lavoro in quei Paesi privi di regole su questo fronte.
La moda e il lusso rappresentano uno dei settori industriali più soggetti al fenomeno dei falsi. Circa il 76% del totale dei prodotti “taroccati” sequestrati in Italia è composto proprio da articoli di abbigliamento, calzature e accessori e tra il 2017 e il 2021 la Guardia di Finanza ha sequestrato 43,8 milioni di prodotti, che vanno dall’abbigliamento al beauty fino ai gioielli e molto resta ancora sommerso. Così, migliaia di tonnellate di prodotti contraffatti si trovano continuamente stoccati in attesa di essere distrutti, ma tutto questo comporta conseguenze pesanti ed evidenti rischi per l’ambiente. Molto spesso i prodotti del falso sono realizzati con materiali scadenti e tossici (come ammine aromatiche e coloranti azoici vietati). Elementi che impattano in maniera negativa anche sulla salute dei consumatori che vengono a contatto con tali prodotti scadenti. Secondo Assoutenti, aassociazione di consumatori che si occupa di camoahne di informazione a tutela dei cittadini, la contraffazione dei prodotti tessili comporta non soltanto un danno stimato di ben 5,2 miliardi di euro (secondo l’Ocse 1,3 miliardi l’anno derivano da mancate vendite e 1,4 miliardi di euro per l’acquisto di prodotti falsi, per un giro d’affari totale del falso Made in Italy nel settore Moda pari a 5,2 miliardi di euro) ma anche un pericolo per la salute di chi li indossa, perché i capi sono trattati con sostanze chimiche spesso vietate che possono provocare allergie e dermatiti anche gravi.
Attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie, diverse aziende italiane del settore moda, guidate da esperti della materia, stanno cercando di implementare apposite tecniche per ridurre l’impatto ambientale. È il caso dello “spacchettamento” delle componenti dei prodotti che poi possono essere recuperate e smaltite in maniera corretta o addirittura riutilizzate in altre catene produttive di beni in questo o altri settori. Ridurre l’impatto ambientale derivato dalla distruzione dei falsi sta diventando un obiettivo virtuoso nel più ampio tema di garantire sostenibilità al sistema fashion e luxury.
Alleati di questo circuito perverso, però, sono, oltre al commercio via web, anche la contraffazione che si avvale di mezzi di condivisione sociale, che muta le proprie forme in maniera flessibile e sfuggente tanto che identificare il venditore e la sua localizzazione diviene spesso molto difficile. È il caso dei cosiddetti “dupe influencer”, giovani che promuovono prodotti falsi attraverso link “camuffati” che rimandano ad altri prodotti in vendita sui marketplace.
Tecnologia al servizio delle imprese, dunque, ma anche un “nemico” occulto da combattere.