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LA CRISI ENERGETICA E I DANNI DELL’AMBIENTALISMO IDEOLOGIZZATO - Terra dei Figli Blog
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LA CRISI ENERGETICA E I DANNI DELL’AMBIENTALISMO IDEOLOGIZZATO

LA CRISI ENERGETICA E I DANNI DELL’AMBIENTALISMO IDEOLOGIZZATO

In questi mesi in cui la vera emergenza nazionale (e non solo) è rappresentata dall’approvvigionamento energetico, sono di grande attualità ed interesse le tematiche che legano il rapporto tra energia e ambiente, nell’ottica soprattutto di garantire un giusto equilibrio tra sostenibilità e crescita economica, tra l’obiettivo di realizzare una transizione energetica per la salvaguardia del pianeta ed i tempi e modalità di realizzazione della stessa. Su questa situazione già estremamente complessa e ricca di variabili (basti pensare al dibattito sulla tassonomia verde che ha infiammato l’Europa a partire dalla notte dell’ultimo capodanno), si è inserito un drammatico e spaventoso acceleratore quale la guerra in Ucraina, con tutti i suoi molteplici risvolti per gli equilibri geopolitici ed economici mondiali. Una sorta di “tempesta perfetta” si è abbattuta soprattutto sull’Unione Europea e sull’Italia; di più, quasi un “trappolone” che ci rende schiavi e vittime di un sistema a carattere mondiale dalle conseguenze imprevedibili. Tra gli elementi di dibattito non è trascurabile, allora, alla luce degli eventi in corso, il peso che il fattore ideologico ha avuto sulle scelte ambientali ed energetiche dell’Italia e della stessa UE negli ultimi anni e che oggi rischiano di rivelarsi disastrose proprie perché condizionate da quell’ambientalismo finto e ideologizzato di cui si è nutrito per decenni un certo establishment di sinistra, condizionando Stati e  interi settori economici.

Al riguardo, appare utile proporre quanto scrive Francesco Giubilei, in un articolo apparso il 2 aprile sulla edizione online de “Il Giornale”.                                                                   

“La stessa rapidità con cui negli ultimi anni, per seguire le sirene dell’ambientalismo ideologizzato e una concezione della transizione ecologica basata sul tutto e subito, si è smantellata l’indipendenza energetica italiana ed europea, è ora necessaria per correre ai ripari. Non serviva una guerra per capire che la sovranità energetica non è un vezzo ma una prerogativa di cui una nazione come l’Italia non può fare a meno. Eppure le scelte compiute per seguire una certa vulgata, unite a una congiuntura geopolitica internazionale sfavorevole, ci hanno portato a dipendere in modo eccessivo da un unico fornitore, la Russia, da cui oggi siamo costretti a dover rivedere le nostre forniture.

Le strade intraprese per diversificare l’approvvigionamento di gas sono essenzialmente quattro: aumentare le forniture da altri paesi come l’Algeria o l’Azerbaijan con la realizzazione del nuovo gasdotto Eastmed; accrescere l’estrazione di gas italiano; incrementare il Gnl (gas liquido) e puntare sulle rinnovabili. Il Gln arriverebbe in prevalenza dagli Stati Uniti via mare in nave ma ha una serie di problematiche dovute al costo più alto (si stima del 15-20% rispetto al gas che arriva tramite gasdotto), al fatto che inquina di più dovendo essere trasportato oltre Oceano e soprattutto alla mancanza di un numero sufficiente di rigassificatori, gli impianti necessari per convertire il gas che sono solo tre in tutta Italia. Inutile dire che costruirne di nuovi, oltre a investimenti, richiede tempo che non abbiamo.

Fa particolarmente riflettere l’intervista rilasciata dal commissario europeo per il mercato interno Thierry Breton in cui ha sostenuto che l’Ue è pronta a sostituire il metano russo ma “serviranno carbone e nucleare”. Le sue dichiarazioni cancellano anni di propaganda ambientalista poiché, nel caso dovessero interrompersi le forniture di gas dalla Russia, per compensare il fabbisogno energetico, sarà necessario rinviare la chiusura delle centrali nucleari e riattivare quelle a carbone.

Sebbene il primo obiettivo della commissione sia “più Gnl e spinta all’eolico e al solare”, non esclude ricorrere a soluzioni fino a pochi mese fa apertamente osteggiate. Breton ha puntato il dico contro l’Italia e la Germania poiché “il mix energetico dipende esclusivamente dalle scelte degli Stati. Alcuni sono stati prudenti, hanno diversificato, garantendo la sicurezza degli approvvigionamenti, altri no”.

Spiegando: “Guardiamo alla Germania: ha scelto di fermare le centrali nucleari, passando a un maggior utilizzo del gas e del carbone russi. L’Italia ha deciso di avere nel suo mix energetico il 40% di gas, con il 40% di questo che arriva dalla Russia. Oggi siamo in una situazione difficile perché ogni anno importiamo 155 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia. La sola Italia ne acquista 30 miliardi, il 20%. E questa dipendenza è stata scelta”.

Da qui la necessità di un piano per essere pronti a ogni evenienza che prevede la sostituzione entro la fine dell’anno prossimo di “50 miliardi di metri cubi di gas con l’aumento delle forniture di gas naturale liquefatto, anche se ovviamente bisogna incrementare la rigassificazione. Altri 10 miliardi via gasdotto, soprattutto a Sud, dal Nord Africa o dall’Est. Possiamo inoltre ridurre il consumo abbassando termosifoni e climatizzatori e accelerando il risparmio energetico: circa 14 miliardi. E poi spingere il biometano, così come i progetti per l’eolico e il solare: ulteriori 25 miliardi”.

Un progetto che permetterebbe di raggiungere circa 100 miliardi di metri cubi lasciando un gap di 50 miliardi di metri cubi in caso di un’interruzione improvvisa, da qui l’apertura a fonti energetiche più tradizionali: “In una situazione estrema avremmo bisogno di misure estreme. Penso alle centrali a carbone: si potrebbe decidere di non chiuderle oppure di riaprirle. Questo ci permetterebbe di sostituire 20 miliardi di metri cubi di gas, di cui 14 dalla sola Germania. Stesso discorso per le centrali nucleari, che garantirebbero l’equivalente di 12,5 miliardi di metri cubi di gas”.

Si tratta di un piano a tutti gli effetti emergenziale vista la situazione in cui si trova l’Europa ma è arrivato il momento di realizzare proposte in grado di garantire nei prossimi decenni una sovranità energetica italiana ed europea ma, ancora una volta, rischiamo di imboccare una strada, quella del Gnl, che presenta numerose criticità e limiti”.

La Redazione