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RIAPRIRE LE MINIERE IN EUROPA PER GARANTIRE RISORSE PER TRANSIZIONE ECOLOGICA - Terra dei Figli Blog
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RIAPRIRE LE MINIERE IN EUROPA PER GARANTIRE RISORSE PER TRANSIZIONE ECOLOGICA

RIAPRIRE LE MINIERE IN EUROPA PER GARANTIRE RISORSE PER TRANSIZIONE ECOLOGICA

Il dilemma verde dell’Europa: estrarre minerali chiave senza distruggere la natura. Alcuni sono spaventati dai piani di Bruxelles per aumentare l’estrazione di materie prime critiche, ma i sostenitori affermano che è necessario per raggiungere gli obiettivi ecologici del blocco. L’Europa è ricca di metalli, ma l’attività mineraria ha un’immagine sporca in tutto il continente. 

Per passare all’utilizzo del 100% di energia rinnovabile, nei prossimi vent’anni il mondo avrà bisogno di tanto rame quanto ne abbiamo prelevato dalla Terra dall’inizio della civiltà. I cavi in rame, ad esempio, saranno necessari per quasi ogni componente di questo cambiamento, dai dispositivi e dalle automobili alimentate da fonti di energia verde agli impianti rinnovabili e agli stessi pannelli solari. 

La Commissione Ue a Marzo scorso ha presentato il “Critical raw materials act”, il piano che, nelle intenzioni di Bruxelles, dovrebbe far ripartire l’estrazione di materie prime critiche, quelle fondamentali per la doppia transizione ecologica e digitale. L’obiettivo è ridurre la dipendenza dalle forniture di Paesi terzi o, meglio, dal monopolio della Cina, che controlla circa il 60% della produzione mineraria e oltre l’80% della raffinazione globale. Ogni anno, l’Europa importa materie prime per una spesa complessiva di 31 miliardi di euro. L’attenzione di Bruxelles si è focalizzata su una lista di 30 materie prime, considerate “critiche” per il futuro dell’industria europea: solo 3 sono attualmente estratte in buona quantità nel territorio Ue, mentre ben 17 hanno un tasso di dipendenza da Paesi terzi pari all’80%. Ma l’Europa fino ad ora è stata abbastanza riluttante verso iniziative per estrarre materie prime dal proprio sottosuolo, garantendo così quella autonomia assolutamente indispensabile per arrivare a quella transizione verde tanto auspicata.

A Tréguennec, una zona costiera della Bretagna nel nord-ovest della Francia, i locali vivono al di sopra di quella che, a loro dire, sembra una bomba a orologeria. A circa 130 metri sotto le loro case si trova il secondo più grande deposito di litio del paese, un componente chiave delle batterie utilizzate per alimentare le auto elettriche. L’estrazione del cosiddetto “oro bianco” comporterebbe lo scavo di una riserva naturale protetta situata su una rotta migratoria per gli uccelli e la distruzione di “qualcosa che ha richiesto milioni di anni per essere creato”, ha dichiarato Philippe Spetz, esponente di un’associazione ambientalista della zona. E questo è solo una delle decine di episodi simili, che si verificano ogni anno anche nel nostro paese. Questo scontro tra l’appetito dell’Europa per le materie prime essenziali e le sue ambizioni di protezione della natura – già in corso in tutto il continente, con proteste locali contro nuovi progetti minerari in Portogallo, Germania, Svezia e Spagna, ha determinato una dipendenza europea per l’80% delle principali materie prime da paesi grandi inquinatori come Cina ed India o i paesi del golfo. Per le terre rare, tra cui il litio, indo e il cobalto  indispensabili per le batterie per autotrazione elettrica, la dipendenza arriva a circa il 98% dalla Cina. “La pandemia e la guerra – ha avvertito la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen a Strasburgo – ci hanno insegnato una lezione sulle dipendenze. Se vogliamo essere indipendenti, dobbiamo urgentemente rafforzare e diversificare le nostre catene di approvvigionamento con partner più stretti”.

Come il Canada, per esempio, che, secondo von der Leyen, sta dimostrando che le miniere possono essere sostenibili: nelle miniere di nichel canadesi, “i materiali vengano estratti con i più alti standard per l’ambiente e per i lavoratori”, ha sottolineato la presidente della Commissione. Eppure il continente europeo oltre che essere ricco di materie prime, raggiunge spesso anche altissimi livelli tecnologici nell’attività estrattiva, che è quindi altamente sostenibile:  “Penso che il modo in cui estraiamo in Europa sia probabilmente… uno dei migliori al mondo. Ma non ci è permesso di fare attività mineraria”, sostiene Mikael Staffas, amministratore delegato e presidente della società mineraria svedese Boliden. Ha aggiunto che l’Europa “importa felicemente metalli da altre parti del mondo” che estraggono con standard ambientali molto più bassi. Sebbene l’UE non sia in grado di fornire tutte le materie prime di cui ha bisogno, i suoi progetti di litio più importanti, ad esempio, potrebbero soddisfare dal 25% al 35% della domanda europea entro la fine del decennio, secondo Michael Schmidt, ricercatore associato presso l’Agenzia tedesca per le risorse minerarie. Ma alcuni provvedimenti come il Nature restoration law approvato a Strasburgo a luglio, certo non vanno nella direzione auspicata, ponendo limiti assai stringenti a qualsiasi tipo di attività estrattiva. E questo comporterebbe un danno economico e un ritardo nel raggiungimento degli obiettivi verdi che la stessa sinistra dice di voler perseguire.

Secondo le stime del Centro di ricerca della Commissione Ue, “il valore delle risorse minerarie europee non sfruttate alla profondità di 500-1.000 metri è stimata in circa 100 miliardi di euro”. È il paradosso della transizione ecologica voluta da sinistre e verdi europei: salvaguardare l’ambiente senza dotarsi degli strumenti necessari per sviluppare industria, energia e trasporti a emissioni zero. Il riuso e il riciclo come vorrebbero gli ecologisti di maniera di Bruxelles non può essere sufficiente e l’alternativa è non solo di continuare a essere dipendenti da altri paesi, ma anche di non raggiungere gli obiettivi prefissati, a scapito di sviluppo economico e benessere dei propri cittadini. L’attività mineraria deve essere vista per quello che è, ovvero il fondamento della transizione energetica verde e dell’indipendenza energetica dell’Europa.

Vincenzo Caccioppoli